Il GUP (Giudice dell’Udienza Preliminare ) del tribunale dei minorenni di Palermo ha condannato a 20 anni di reclusione, con il rito abbreviato, la 17enne che nella notte tra il 1 e il 2 gennaio di quest’anno uccise la propria madre Teresa Spanò a Bagheria, nel Palermitano.
La 55enne Teresa Spanò, di professione insegnante, venne prima stordita con un sonnifero mescolato a un purè di patate, e poi strangolata dalla figlia, che successivamente infierì sul corpo della vittima, colpendola con numerose coltellate.
Il giudice, accogliendo la tesi della Procura dei Minori, guidata da Claudia Caramanna. ha inflitto il massimo della pena possibile per i minorenni: 30 anni, che con la riduzione di un terzo della pena, prevista per il rito abbreviato, sono stati ridotti a 20.
Un delitto che sconvolse due comunità: a Bagheria dove viveva la vittima Teresa Spanò, e a Casteldaccia, dove lavorava come insegnante
Le cause del delitto sono sempre rimaste misteriose: la ragazza, che frequentava il liceo Classico “F. Scaduto”, a Bagheria, viveva da sola con la madre, che lavorava insegnava nella scuola elementare “Einaudi” di Casteldaccia.
Il padre della ragazza, di origini polacche, non aveva mai riconosciuto la figlia, ed attualmente vive all’estero.
Teresa Spanò era molto impegnata nel sociale e, secondo quanto riferito da colleghi e amici, «viveva solo per questa figlia».
I giudici hanno contestato la premeditazione del delitto alla 17enne, poiché secondo ciò che era emerso nel corso delle indagini, la ragazza avrebbe provato una prima volta, ad uccidere la propria madre, nel novembre del 2022, tramite avvelenamento; in quella circostanza la donna, a causa della forte intossicazione, era finita in ospedale, dove le cure mediche ricevute le avevano salvato la vita.
Al tentativo fallito seguì il terribile gesto omicida effettuato dalla minorenne nella tarda serata di Capodanno: ha somministrato alla madre del Tavor, farmaco utilizzato dalla nonna, che abita nella stessa palazzina, per farla addormentare, e poi approfittare della conseguente incapacità di difendersi di Teresa Spanò.
Dopo aver stordito la donna, la ragazza l’avrebbe strangolata, per poi infierire con un coltello (o qualche altro oggetto affilato, come si evince dal ritrovamento di tagli nell’avambraccio) sul corpo della vittima .
A lanciare l’allarme per il ritrovamento del cadavere nella sua camera da letto, è stata proprio la figlia, che telefonò al 112, fornendo una versione falsa dei fatti, raccontando che la madre aveva tentato il suicidio attraverso l’ingerimento di farmaci, che si trovano nel comodino accanto al suo letto.
La ragazza, successivamente, confessò l’omicidio davanti alla procuratrice del tribunale dei minori di Palermo Claudia Caramanna: «Le ho stretto le mani al collo finché non ha smesso di respirare» – la frase choc della minorenne.
A seguito della confessione della ragazza era stato disposto lo stato di fermo nei suoi confronti, ed il suo invio nel carcere minorile di Caltanissetta.
Nel mese di febbraio la ragazza venne trasferita in un istituto penitenziario di Roma, su disposizione del GIP, ed in base alla contestazione da parte della procura per i minorenni di Palermo, della pianificazione del delitto; propio a partire da questa svolta il quadro giudiziario della giovane iniziava a delinare i contorni di una futura condanna per omicidio, che puntualmente è arrivata nei giorni scorsi.
L’omicidio di Teresa Spanò, compiuto proprio dalla figlia, e cioè dalla persona verso la quale la donna rivolgeva tutte le sue attenzioni, stando alla testimonianza di amici e colleghi, ha lasciato uno sconforto enorme nelle comunità di Bagheria dove la donna viveva, e di Casteldaccia, dove lavorava.
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