Palermo, condanna definitiva per il figlio del boss della Kalsa

Nicola Scardina
da Nicola Scardina
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Palermo, 6 maggio 2023 – La Corte di Cassazione ha confermato una condanna definitiva nei confronti di Salvatore Lauricella, figlio del boss della Kalsa Antonio, detto “Scintillone”, che dovrà scontare una pena di 7 anni di reclusione.

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Salvatore Lauricella, era stato fermato lo scorso 26 aprile, a Villabate, insieme ad altri tre dei suoi fedelissimi dalla Procura di Palermo,su disposizione d’urgenza della locale Direzione Distrettuale Antimafia, per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsione nei confronti di quattro esponenti della famiglia che operava nella cittadina alle porte di Palermo.

Prima di essere raggiunto dal provvedimento di fermo Salvatore Lauricella si preparava a far perdere le proprie tracce, riuscendo anche a mettere insieme una grossa somma in contanti; particolare quest’ultimo provato da una conversazione intercettata tra due mafiosi che parlando dell’indiziato.

Uno dei 2 ha pronunciato la frase: “Il 25 aprile gli vengono le crisi…questo latitante ora si butta”.

L’indagine che ha portato al fermo di Salvatore Lauricella, denominata “LUCE”, è il risultato di un’articolata azione investigativa coordinata dalla Procura Distrettuale di Palermo, e condotta dal Nucleo Investigativo del capoluogo siciliano, che, dopo l’esecuzione dell’Operazione CUPOLA 2.0. maxi blitz effettuato nel dicembre 2018, ha documentato la manovra di riassetto posta in essere da elementi di vertice di “cosa nostra” tornati in libertà dopo aver scontato le pene a cui erano stati condannati definitivamente.

L’azione investigativa ha inflitto un duro colpo alla famiglia mafiosa di Villabate, già pesantemente colpita dalle dichiarazione di Francesco Colletti, capomafia del centro alle porte di Palermo, che ha iniziato a collaborare con l’autorità giudiziaria dopo essere stato arrestato nell’operazione “Cupola 2.0”.

Il boss, lasciato il carcere dopo l’arresto, da Palermo si era trasferito a Villabate, circostanza che allarmava gli affiliati locali che temevano le ingerenze negli affari di un capo di peso come lui. “A Palermo puoi fare quello che vuoi, io ti voglio bene ma puoi andare a c..a largo”, diceva un uomo d’onore intercettato riferendo una sua conversazione con Salvatore Lauricella che era stato avvertito di rispettare gli equilibri locali.

Oltre a Salvatore Lauricella altri tre condannati per mafia

La cassazione ha emesso altre sentenze per Nicolò Testa, ritenuto il boss di Bagheria, condannato a 13 anni e 6 mesi, Girolamo Ciresi che dovrà scontare 12 anni, ed infine Franco Bertolino, accusato di essere affiliato ai clan mafiosi di Porta Nuova e Bagheria, condannato a 5 anni.

La scelta dei quattro indiziati per mafia di essere sottoposti a processo con il rito ordinario aveva separato la loro posizione da coloro che sono già stati giudicati e in gran parte condannati, in rito abbreviato, a pene ancora più severe.

I quattro condannati vennero arrestati nel dicembre 2015 nel blitz “Panta Rei” in cui vennero coinvolte 45 persone fra arrestati, e indagati a piede libero.

Quaranta di questi imputati avevano scelto il rito abbreviato, ed erano stati giudicati colpevoli nel settembre del 2017.

L’effetto del blitz si concretizzò con la condanna di 268 complessivi anni di carcere sull’accusa di avere effettuato estorsioni a varie attività commerciali nel palermitano.

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