Condannato per favoreggiamento Andrea Bonafede
Il GUP (Giudice dell’Udienza Preliminare) di Palermo ha condannato in rito abbreviato a 6 anni e 8 mesi per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena Andrea Bonafede, cugino ed omonimo del geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità al boss latitante Matteo Messina Denaro, deceduto lo scorso settembre.
A formulare l’accusa in aula sono stati i PM Pierangelo Padova e Gianluca De Leo.
Su Andrea Bonafede, impiegato comunale a Campobella Di Mazara, nello specifico grava l’accusa di aver fatto da intermediario tra Matteo Messina Denaro e il medico Alfonso Tumbarello nel periodo in cui il boss mafioso era in cura per il cancro al colon di cui soffriva da tempo.
Secondo l’accusa l’imputato avrebbe fornito a Messina Denaro le ricette intestate al geometra e le prescrizioni firmate da Tumbarello necessarie alle terapie a cui doveva sottoporsi.
La difesa di Bonafede si è basata sul fatto che egli sostiene di non essere a conoscenza della reale identità del paziente affetto da tumore, dato che pensava si trattasse del cugino, il quale intendeva mantenere il riserbo sulla patologia.
Per Bonafede, difeso dall’avvocato Tommaso De Lisi, cade quindi l’accusa di associazione mafiosa, reato che i PM avevano deciso di contestargli a settembre dopo ulteriori attività investigative, modificando pesantemente il capo di imputazione e in virtù della quale l’imputato rischiava una pena molto più dura.
Il giudice ha quindi accolto solo parzialmente le richieste del procuratore aggiunto Paolo Guido e dei sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova, che avevano invocato una condanna a 13 anni di carcere.
Bonafede era stato arrestato il 7 febbraio scorso, alcune settimane dopo la cattura di Messina Denaro, avvenuta il 16 gennaio dopo una latitanza trentennale.
In conclusione, secondo quanto stabilito dalla sentenza emanata oggi, 30 novembre, Andrea Bonafede ha aiutato Matteo Messina Denaro consapevolmente, facendo da intermediario al boss mafioso e aiutandolo a sfuggire alle condanne all’ergastolo inflitte, durante il suo periodo di latitanza, ma Bonafede non è un affiliato di Cosa nostra.
«Le intercettazioni fornite dalla procura dimostrano un rapporto bilaterale tra Bonafede e Messina Denaro, ma non con l’organizzazione mafiosa» – ha spiegato l’avvocato De Lisi.
«Il reato è da circoscrivere al favoreggiamento, abbiamo dimostrato che il confine con quello di associazione mafiosa non è stato mai superato, perché il supporto a Matteo Messina Denaro restava esclusivamente nella sfera individuale. La condanna si è quindi basata sui capi d’imputazione originariamente contestati» – ha concluso il legale di Bonafede.