Un momento di riflessione sull’assurdità della guerra, organizzato da BOCS e ANPI
La rievocazione storica di avvenimenti che sconvolsero il mondo durante il secondo conflitto mondiale, con uno sguardo approfondito sulle cronache di guerra riguardanti lo sbarco in Sicilia nel luglio del 1943, con l’obiettivo di offrire spunti di riflessione sull’assurdità della guerra: è il focus sul quale si è ampiamente dibattuto nel corso di un incontro svolto a Bagheria nella serata di ieri, 2 dicembre, presso la sede dell’associazione BOCS.
All’evento dall’eloquente titolo: “1943 – Vittime civili del Bombardamento su Bagheria” organizzato dalla sezione bagherese di ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) in collaborazione con il circolo BOCS (Bocs Open Creative Space), sono stati ripercorsi i tragici fatti successi in quella terribile estate di 80 anni fa, quando la coalizione alleata decise di aprire un nuovo fronte di guerra, dopo la disfatta italo-tedesca nel continente africano, dando il via all’operazione “Husky”, per invadere il territorio italiano, cominciando dall’Isola più grande situata nel centro del Mediterraneo: la Sicilia, ed una volta conquistata risalire l’intera penisola per infliggere un duro colpo alle forze dell’asse Roma-Berlino.
In questo resoconto storico, frutto di un lavoro di ricerca approfondito, è stata aperta una “finestra temporale” su ciò che successe a Bagheria nella notte tra il 6 ed il 7 luglio del 1943, quando anche essa venne colpita dai bombardamenti concentrati maggiormente su Palermo, ed altri avvenimenti poco conosciuti che hanno ceduto spazio a fatti più noti che riguardano la storia di un’Italia pre-repubblicana, sconvolta dalla guerra e dalla fame che imperversava, nonostante la propaganda del regime fascista che sosteneva l’esatto contrario.
Cosa successe dopo lo sbarco in Sicilia, è risaputo dalla narrazione storica, oggetto di materia di studio nelle scuole, ma indipendentemente dalle interpretazioni libere e legittime che vertono sull’efficacia delle operazioni belliche in termini di risultati, o dalla concezione che induce a schierarsi da una parte o dall’altra, rimane innegabile una constatazione amara: a pagare il prezzo più alto di vite umane furono civili indifesi, sacrificati nel nome di una follia collettiva meglio conosciuta come guerra; proprio queste vittime non devono essere dimenticate per nessuna ragione, e per comprendere meglio il dramma della guerra, non c’è che un modo: conservare la memoria (nda).
Su questa concezione si basa l’introduzione all’evento effettuata da Rosanna Romanazzi Presidente della sezione ANPI di Bagheria: «abbiamo il dovere di preservare la memoria storica per custodire dei valori umani e tramandarli alla generazioni future, questo implica ricordare le vittime onorandone la memoria».
Per mantenere vivo il ricordo delle vittime di guerra quindi non ci si deve limitare alla pura narrazione storica, pur riconoscendone l’importanza, occorre fare di più: analizzare i contesti socio-culturali dell’epoca per comprendere le condizioni che hanno vissuto intere popolazioni stremate dalla miseria lasciata dalle macerie dei combattimenti (nda).
«Non abbiamo imparato la lezione impartita dalla storia. – prosegue Rosanna Romanazzi – Ci tengo a precisare che l’ANPI si schiera a favore della pace nel rispetto dell’Art. 11 della Costituzione, in base al quale “l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione per la controversia fra i popoli”» – ha concluso il presidente di ANPI – Bagheria.
Molto incisivo anche l’intervento successivo di Antonio Tozzi, presidente dell’associazione BOCS: «Noi come ARCI siamo per il pacifismo attivo e non “naif”» .
«Banalizzare la guerra facendo quelle continue distinzioni fra “buoni” e “cattivi” è assolutamente sbagliato – ha sottolineato Tozzi – «Parlare di morti fra i civili a Bagheria può, in apparenza, uscire “fuori dai binari”, fuori dal contesto delle guerre in Palestina ed in Ucraina, ma in realtà non è così, perché può servire come esempio per fare comprendere meglio come il dramma della guerra ci tocchi da vicino, come è già avvenuto in passato» – Ha concluso.
L’incontro al circolo BOCS è entrato nel “vivo” con la relazione di Mario Piraino ex generale di brigata, ed attualmente in pensione nonché appassionato di storia, che ha condotto le ricerche sugli avvenimenti legati allo sbarco in Sicilia, e nello specifico sul bombardamento di Bagheria assieme a Franco Ciminato, socio fondatore della sezione ANPI cittadina.
Nella sua relazione Mario Piraino ha rievocato delle pagine buie su un periodo storico che visse la Sicilia dal luglio all’agosto del 1943, illustrandone il prologo, che come è stato già accennato risiede nella decisione da parte degli alleati di aprire un nuovo fonte dopo la sconfitta degli eserciti italiano e tedesco in Africa nella battaglia decisiva di El Alamein, in Egitto nell’autunno del 1942.
Lo sbarco in Sicilia, iniziato il 10 luglio 1943 e conclusosi il 17 agosto dello stesso anno, fu una delle più grandi operazioni anfibie della seconda guerra mondiale; l’operazione venne decisa nel corso della conferenza di Casablanca, in Marocco, dal 14 al 24 gennaio 1943, fra Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Charles de Gaulle, rappresentanti rispettivamente dei governi di U.S.A., Regno Unito e Francia.
Il bombardamento a Bagheria, e la conquista della città
Nella relazione di Piraino che riporta fedelmente ciò che è stato appena rievocato, non poteva mancare un particolare degno di nota: le operazioni di sbarco furono anticipate da massicci bombardamenti aerei nei giorni precedenti, come quelli su Palermo.
Proprio in riferimento a questo importantissimo dettaglio, l’intervento di Piraino si focalizza nel punto che da il titolo all’evento, dato che le bombe sganciate dagli aerei alleati finivano anche sui paesi vicini al capoluogo siciliano, e fra questi paesi vi era anche Bagheria; nella notte tra il 6 e il 7 luglio del 1943, la città venne colpita; la maggior parte delle vittime erano inermi civili: donne, vecchi, e perfino bambini.
Un altro particolare di rilievo, ben evidenziato nel corso dell’evento, riguarda l’uso improprio del termine “effetti collaterali” in riferimento ai bombardamenti; fin troppo, infatti, si è abusato di una sorta di giustificazione all’orrore della guerra in cui a pagarne le conseguenze sono persone innocenti.
Ad avvalorare questo concetto basta considerare un dettaglio: è accertato che nel corso dei bombardamenti alleati i piloti di alcuni aerei si trovarono a fronteggiare avarie al motore, risolvibili con l’alleggerimento del carico a bordo; ovvero sganciando bombe per riprendere quota; a volte queste bombe colpivano ugualmente dei civili.
Un altro aspetto che dimostra la follia della guerra: rimanere uccisi per “errore”, per il verificarsi di un’operazione non puramente bellica, ma che è comunque riconducibile alle dinamiche terribili di un conflitto. In definitiva, quindi di “collaterale” non c’è veramente nulla.
Tornando al caso dei bombardamenti su Bagheria, è sicuramente importante sapere che da una verifica del Registro degli atti di morte del Comune relativa al 1943 (tuttora in corso di esecuzione) sono emersi i nominativi di 22 civili morti per cause belliche, in varie zone del territorio comunale e nella zona di Aspra Mongerbino.
Molte di queste persone furono vittime dirette dei bombardamenti che hanno colpito Bagheria il 6 e 7 luglio, altri morirono successivamente a seguito delle ferite riportate.
Ma la guerra per Bagheria non si fermò al terrore di quella tragica notte, poiché la città venne conquistata dall’esercito statunitense il 23 luglio 1943, un giorno dopo la resa di Palermo sottoscritta tra il generale italiano Giuseppe Molinero, ed il generale statunitense Geoffrey Keyes
Giunti alla stazione ferroviaria, i soldati statunitensi sequestrarono un treno ospedale dell’esercito italiano nonostante fosse regolarmente contrassegnato, sui tetti dei vagoni, da enormi croci rosse su fondo bianco; un’altra operazione decisamente ingloriosa e meschina da parte dell’esercito alleato dopo i bombardamenti su zone prive di interesse militare come Bagheria, che hanno causato perdite fra i civili indifesi.
Il treno catturato, con personale medico statunitense, iniziò a viaggiare da Cefalù a Palermo il 1° agosto, mentre il 128° Ospedale di Evacuazione di Cefalù fungeva da unità di trattenimento. Il sistema ha funzionato senza intoppi, nonostante la continua carenza di ambulanze e le strade spesso gravemente danneggiate.
Alla stazione ferroviaria di Bagheria in molti vennero fatti prigionieri, fra cui 50 ufficiali, medici, il farmacista ed il cappellano del treno ospedale, gli ufficiali dei reparti di fanteria ed artiglieria della difesa costiera, e perfino sbandati scappati da Palermo.
Circa 800 furono i militari di truppa catturati, molti dei quali abbandonarono le loro posizioni prima della vista del nemico, tra questi i soldati inquadrati nel reparto anti-paracadutisti che erano di stanza a Villa Valguarnera, la dimora settecentesca più imponente di Bagheria.
L’Istituzione dell’AMGOT: Il governo militare alleato dei territori occupati, ed il paroling
La fase conclusiva della relazione di Piraino è incentrata sull’AMGOT (Allied Military Government of Occupied Territories) ovvero il governo militare alleato dei territori occupati, previsto dalla Conferenza di Casablanca.
Subito dopo la conquista della Sicilia il generale Alexander, in qualità di governatore militare, emanò diversi proclami, di cui il primo sanciva il passaggio dei poteri politici e amministrativi del Governo italiano, ancora guidato da Mussolini, al governo militare alleato.
Uno dei proclami di maggior rilievo imponeva una valuta d’occupazione stampata negli USA priva di copertura aurea (pari valore in oro depositato in banca): le am-lire entrate in circolazione in 8 tagli (da 1 a 1000 lire).
Le “am-lire” ebbero conseguenze nefaste per l’economia siciliana: causarono l’inflazione monetaria e lo sviluppo della “borsa nera”.
Un altro proclama dell’AMGOT riguardava l’istituzione del “paroling”, ovvero la libertà sulla parola, applicata nei confronti dei soldati italiani prigionieri la cui residenza era in Sicilia. Sia i prigionieri che i militari feriti venivano evacuati in treno da Cefalù a Palermo. Il treno era in servizio quotidiano, assistito dal Corpo Sanitario dell’Esercito dagli Stati Uniti e da personale medico italiano.
Si stima che dal 10 luglio al 17 agosto 1943 (data della conquista di Messina da parte delle forze armate statunitensi) ci furono 120.000 prigionieri, di cui 65.000 rilasciati liberi sulla parola, altre stime parlano, invece, di 116.861 prigionieri italiani.
La paroling non si applicava ai prigionieri di guerra ritenuti pericolosi, cioè catturati mentre combattevano con le armi.
A Bagheria la rappresentanza dell’AMGOT si insediò a Palazzo Ugdulena, sede dell’attuale municipio.
L’11 febbraio 1944 a Palermo venne decretata la fine dell’AMGOT ed il passaggio di gestione al Governo Badoglio con il controllo di apposita Commissione del Governo alleato.
Una delle slide più significative della presentazione di Piraino all’evento riporta il messaggio finale che ne racchiude lo scopo:
«Dopo ottanta anni è giunto il momento di dire basta alle guerre e di rendere onore ai partigiani, che con la resistenza, hanno combattuto per la nostra libertà e per donarci un futuro di democrazia e prosperità. Mai più guerre, facciamo che vinca la pace. Nella conoscenza si fonda la nostra libertà».
Molto incisivo è risultato l’intervento del vice sindaco di bagheria Daniele Vella che ha proposto un’iniziativa in cui coinvolgere le scuole della città per fargli conoscere quei tragici avvenimenti.
Per chi volesse approfondire ulteriormente la conoscenza sulle cronache di guerra a Bagheria, è possibile visionare la relazione al seguente link: https://www.bocs.club/anpi/1943-Bombartamenti-su-Bagheria.pdf.
Nella foto in evidenza: la città di Palermo bombardata nel marzo 1943; visibili la zona del porto.