La Città di Palermo, una donna vestita di stracci

Marialessandra Cimò
da Marialessandra Cimò
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Molte sono state le critiche rivolte alla Città Palermo dall‘onda di turisti, che però quest’anno l’ha travolta.
C’è chi sostiene che Palermo sia tanto da elogiare quanto da criticare, chi la paragona ad un tesoro abbandonato e chi, addirittura, ha avuto il coraggio di scrivere una lettera al sindaco, per far notare a quest’ultimo la sporcizia dilagante sia nelle periferie che in centro.
Ma quanto c’è di autentico in queste critiche?
Tanto, forse troppo.
In ogni angolo -seppur nascosto- si trova di tutto: carta, mascherine, cicche di sigarette, scarpe, vestiti, mobili per la casa e chi più che ne ha più ne metta! Paradossalmente se si ha bisogno di qualcosa si può scendere in strada e cercarlo.
Ma quanto è frustante vedere e sentire persone, che nulla sanno di Palermo, criticarla e denigrarla?
E quanto è ancor di più imbarazzante notare come i palermitani, figli di questa terra, non soffrano nel veder la Città deturpata?
Al contrario gli stessi, indifferenti e incoerenti, sono i primi ad vituperarla; di fatto ci si limita ad avere la propria casa pulita. Così se trovano un fazzoletto in tasca sentono l’urgente bisogno di gettarlo per terra, perché: “Tanto pezzo di carta in più, pezzo in meno, nulla cambia!”.
È proprio l’idea, che nulla cambi e che nulla possa cambiare, che da secoli inquina i sentimenti e l’anima di questa città, prima zyz (che in fenicio significa fiore) ora ridotta ad un cumulo di spazzatura.
Ma cosa fare? La risposta è semplice.
Bisogna smettere di pensare che la Città di Palermo non ci appartenga, io -in quanto singolo- posso e devo fare la differenza, devo iniziare a prendermi cura di questa meravigliosa città, che mi ha cresciuto e accolto, mai rifiutato né tantomeno imbruttito, affinché la si possa adornare di gioielli e non di spazzatura.

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Marialessandra Cimò – Palermo Post

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