E tu quanti Sasi conosci?

Marialessandra Cimò
da Marialessandra Cimò
3 Minuti di lettura

Siamo a Palermo e sarebbe una giornata estiva qualunque, se non fosse che devi andare alle poste a spedire un pacco. Fortunatamente -o sfortunatamente- sei vicino ad punto Poste, in una delle tante zone di Palermo dimenticate.

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Lì davanti un gruppo di persone, alcune litigano, altre -in silenzio- aspettano, tutti rigorosamente assembrati, con il timore che qualcuno possa perdere il proprio turno e soprattutto, come se il covid-19 non esistesse.

Ecco allora che, in mezzo a questa calca, ti chiedi chi sia l’ultimo della fila, ma fatta la fatidica domanda, nessuno sembra rispondere, se non una ragazza, che con un filo di voce dice che ci si deve “scrivere”. Ebbene sì, proprio così ci si deve scrivere.

Ma di preciso dove, se non si vede alcun foglio? Ed ecco che magicamente dopo pochi minuti arriva un certo “Sasi” (nome di fantasia) panciuto, in canottiera e pantaloncino corto e mascherina rigorosamente abbassata, che ti guarda con aria beffarda e ti chiede: ”Come ti chiami?”

La massa non sembra essere eccessivamente numerosa, eppure Sasi sostiene che tu sia il numero 40. Dopo un’ora e mezza di attesa, perché “No, io ero prima” “No, tu sei arrivato dopo” “Sasi fa solo confusione” riesci ad entrare.

Alle poste di Sasi Funziona Così

Allo sportello delle poste l’impiegato ti dice: “Qui è normale, noi non possiamo farci nulla”. Perché, a quanto pare ogni mattina all’alba o meglio, come si vociferava, Sasi, dormendo lì, alle sette del mattino inizia a scrivere su di un foglio i nomi e i cognomi di chi, pagandolo, gli chiede di “Fare la fila per lui” in modo tale che, una volta arrivato, quest’ultimo possa entrare subito.

Se inizialmente si prova rabbia, perché le 40 persone fantasma esistono per davvero e prendono quello che sarebbe il tuo posto, successivamente si ha quasi pena per Sasi, che non trova di meglio che quel lavoro per sostenersi, che nelle periferie abbandonate di Palermo è la normalità.

Eppure ci si chiede come sia possibile che questa sia la normalità? Come è possibile che in una metropoli come Palermo ci siano zone talmente abbandonate da lasciare all’autogestione dei cittadini persino il turno alle poste (che altrove é telematico)?

E soprattutto di chi è la colpa: di chi governa ed amministra dimenticandosi di popolose zone metropolitane o di chi le vive e non riconoscendo le istituzioni di autorganizza ?

Domande queste che non hanno e non avranno una risposta.

Marialessandra Cimó – Palermo Post

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