Una seconda chance per le persone detenute e vantaggi per le aziende che le assumono. È questa l’idea alla base di “Svolta all’Albergheria!”, il progetto coordinato dalla Cooperativa Rigenerazioni ONLUS e sostenuto da Fondazione CON IL SUD che mira a creare un dialogo tra sistema penitenziario, imprenditoriale e comunitario.
Un incontro ormai alle porte che si concretizzerà domani 19 ottobre con il “Jail Career Day”, che prevede proprio un match fra imprese e persone inserite in percorsi di professionalizzazione e sostegno all’imprenditorialità.
L’evento, oltre a essere una preziosa occasione per supportare l’inserimento lavorativo in settori come quello della ristorazione o dell’edilizia, punta a sensibilizzare l’intera comunità sull’importanza dei processi di inclusione socio-lavorativa di chi è accompagnato nel reinserimento.
E lo fa in un momento particolare per il mondo del lavoro. Nonostante, infatti, il gap tra domanda e offerta e la crescente esigenza di personale in diversi settori, le aziende continuano a non conoscere le opportunità derivanti dalle assunzioni di soggetti semiliberi, detenuti, internati all’interno degli istituti penitenziari o ammessi al lavoro esterno né sugli sgravi fiscali applicabili.
Non molti lo sanno, ma grazie alla legge Smuraglia le imprese che decidono di assumere soggetti in esecuzione di pena, ad esempio, possono ottenere un credito d’imposta pari all’80% o 90% per ogni lavoratore assunto. Un vantaggio non da poco che, però, non ha a che fare soltanto con le aziende.
Il circolo virtuoso che si genera fa bene anche alla società civile: nelle carceri siciliane solo 2.029 detenuti su 5.972 hanno un impiego ma i dati ci dicono che, fra i detenuti che lavorano all’esterno, meno di un quinto torna a delinquere.
«Vogliamo solo dire che adesso ci siamo anche noi», così proclama uno dei giovani impegnati quotidianamente nelle attività di “Cotti in Fragranza”, progetto portato avanti dalla Cooperativa Rigenerazioni Onlus che, dopo solo 6 mesi dall’avvio di “Svolta all’Albergheria!”, ha assunto quattro persone.
Un noi che da sempre ha accompagnato il modus operandi della cooperativa e che nel tempo ha permesso di trasformare in visibile e riconoscibile chi non lo era, per motivi spesso legati ai tanti pregiudizi che purtroppo ancora oggi esistono.
Lo conferma anche Nadia Lodato, mediatrice penale che insieme a Lucia Lauro è responsabile della cooperativa che lo scorso settembre è stata proclamata “ambasciatrice di economia civile”. A lei abbiamo fatto qualche domanda sul progetto e sulle sue ricadute sulla comunità.
Nadia, in cooperativa avete assunto persone detenute, ex detenute e anche altre persone a rischio di marginalità sociale. Perché?
La nostra mission è proprio quella di promuovere percorsi professionalizzanti stabili per persone in esecuzione di pena, tanto che dal 2016 a oggi abbiamo avviato più di 40 percorsi che hanno portato ad assunzioni legate ai servizi della nostra cooperativa ma anche alla definizione di competenze che hanno permesso alle persone accompagnate di essere assunte presso altre realtà aziendali.
Nel tempo poi ci siamo aperti anche ad altri target, come migranti a rischio di fuoriuscita dai sistemi di tutela, giovani fuori famiglia, persone che vivono nei poli dei senza dimora della città o persone con disabilità. Dall’inizio del progetto “Svolta all’Albergheria!”, inoltre, abbiamo assunto quattro persone in esecuzione di pena, tre all’interno del “Giardino Bistrot Al Fresco” e una per la preparazione e distribuzione dei pasti ai poli dei senza dimora.
Quali sono stati i vantaggi derivanti da queste assunzioni?
Esistono vantaggi economici (grazie alla legge Smuraglia o ad altre norme a tutela di target svantaggiati), ma anche benefici che vanno al di là dell’aspetto prettamente fiscale.
Quali ad esempio?
Avviare un percorso virtuoso di inclusione socio-lavorativa genera un benessere individuale e comunitario importante perché, da una parte, valorizza le risorse e le competenze delle singole persone, dall’altra risponde alle necessità delle aziende di trovare le competenze di cui hanno bisogno.
“Svolta all’Albergheria!” offre, quindi, un nuovo modo di vedere la società e la relazione fra sistema penitenziario, imprenditoriale e comunitario…
Assolutamente. Il progetto “Svolta all’Albergheria!” è un servizio alle aziende che conoscono poco l’importantissimo lavoro del sistema penitenziario, che restituisce alla società persone con svariati valori e competenze ma che, per il forte pregiudizio di molti, sono difficilmente ricollocabili nel mondo del lavoro.
L’idea che cerchiamo di diffondere è che la persona che esce dal carcere non è solo il reato che ha commesso, ma molto altro. Se accompagnata da un percorso di orientamento e formazione in un assetto di vero ascolto può dimostrare a se stessa e agli altri che ha capacità, valori e virtù che possono generare benessere e felicità.
D’altronde, il mantenimento delle carceri ha un costo elevatissimo ed è ampiamente dimostrato che per le persone che entrano in percorsi virtuosi di inclusione socio-lavorativa c’è un abbattimento della recidiva dell’80 e 90%.
Nessuno dei giovani che avete assunto è tornato alla vita passata?
Nonostante le assunzioni o le promesse di assunzione, ci sono state delle ricadute ma in misura irrilevante rispetto al numero di chi ha continuato il percorso. Siamo comunque una cooperativa giovanissima per cui fare statistiche è difficile. Guardando, però, a quelle nazionali, i numerosi dati ci incoraggiano e ci stimolano a lavorare sulla costruzione di una comunità in ascolto che accoglie le persone che hanno avuto un trascorso in carcere e non le rifiuta. Serve a tutti. Serve ai detenuti o ex detenuti, alle loro famiglie, alla comunità che li riammette, alle imprese.
Chi ha continuato il percorso che benefici ha ottenuto, oltre a quelli lavorativi?
La nostra scelta è di operare sul protagonismo dei giovani per definire una precisa etica della responsabilità perché siamo certi che la persona che prende coscienza delle responsabilità verso se stesso, gli altri e il mondo acquisisce di pari grado la consapevolezza di essere l’artefice della storia che insieme vogliamo raccontare, ha chiaro che ciò che farà avrà effetto su se stesso e gli altri.
Solo così tutte le nostre individualità possono trasformarsi e amalgamarsi. Solo così non c’è più un noi e un loro, ma solo un Noi che ha ricadute positive sulla comunità intera.
Noi e loro, questa contrapposizione spesso è netta e legata ai pregiudizi. Secondo lei sono ancora tanti? Se sì, perché?
I pregiudizi sono moltissimi per mancanza assoluta di informazione. L’ignoranza genera paura. Per questo è necessario lavorare incessantemente – e noi come cooperativa lo facciamo dal 2016 incontrando studenti, clienti del bistrot, aziende etc. – affinché la questione venga affrontata e dibattuta costantemente.
Nella vostra cooperativa è la mission principale, ma perché secondo lei un’azienda dovrebbe assumere una persona detenuta o che è stata in carcere?
Per la responsabilità sociale di impresa che dovrebbe essere una delle spinte al fare di un’azienda, perché potrebbe beneficiare di importanti sgravi fiscali e perché avrebbe un ritorno in termini di benessere individuale. E poi, non ultimo, per creare una società equa e solidale. Il sistema produttivo è un tassello fondamentale nella nostra società che non può non entrare in comunicazione con il sistema penitenziario e comunitario.
Claudia Rizzo – Palermo Post