L’ispirazione arriva dalla Spagna, dove da oltre vent’anni il modello “Nuevos Senderos” coinvolge istituzioni, cittadini e imprese di otto comunità rurali con l’obiettivo di favorire l’arrivo di nuovi abitanti nelle zone a rischio di spopolamento, rivitalizzandone il tessuto sociale e produttivo.
Una sperimentazione simile è quella a cui sta lavorando l’Ufficio speciale immigrazione della Regione Siciliana nell’ambito delle attività del progetto Com.In.4.0 – Competenze per l’integrazione – che ha lanciato un percorso di animazione territoriale nell’area delle Madonie per avviare, insieme ai comuni, alle associazioni e alle imprese del territorio, un dialogo concreto e costruire un modello analogo a quello spagnolo di governance condivisa, incentrato sull’inclusione socio-lavorativa dei cittadini stranieri nelle aree soggette a forte calo demografico.
Da un lato, infatti, c’è lo spopolamento dilagante che caratterizza la Sicilia, in generale, con quasi il 2 per cento in meno di popolazione, soprattutto giovane, in appena due anni e mezzo, come rileva l’Istat, e le aree interne in particolare. Dall’altro c’è l’arrivo costante sulle coste dell’isola di migranti che attraversano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore.
L‘idea di Com.In.4.0 è quella di sperimentare, per la prima volta sulle Madonie, un programma esteso e inclusivo di integrazione sociale, lavorativa e culturale dei cittadini stranieri, orientato al recupero e al potenziamento degli asset locali, in cui le parti sociali e la cittadinanza siano protagonisti attivi del proprio percorso di rivalorizzazione e di sviluppo, superando il meccanismo dei progetti calati dall’alto ma costruendo in maniera partecipata una proposta di inclusione che vada bene per il territorio.
Il fine ultimo dell’iniziativa, quindi, è contribuire alla rinascita dei piccoli comuni rurali delle Madonie, soggette a forte calo demografico, grazie al trasferimento di famiglie e giovani cittadini stranieri e segna l’inizio di un percorso di riflessione, azione e scambio di buone pratiche per elaborare un piano programmatico per l’inclusione e avviare una riflessione sui modelli per riabitare le aree interne.
In questi mesi è stata condotta una ricerca-azione al fine di favorire il protagonismo degli attori pubblici e privati locali nello sviluppo del modello per meglio adattarlo al contesto madonita. Sono stati realizzati otto incontri per coinvolgere il territorio nel percorso, da una parte, e dall’altra per acquisire conoscenza funzionale all’individuazione delle linee strategiche di pianificazione per la redazione di un P.I.A. (Piano di Inclusione Accogliente) che diventerà poi parte integrante del “Piano triennale delle politiche di inclusione della popolazione migrante” elaborato dall’Ufficio Speciale Immigrazione e potrà essere realizzato grazie a bandi e fonti di finanziamento che potranno essere attivati dalla Regione Sicilia o dai comuni madoniti.
Agli incontri hanno partecipato circa 290 soggetti, tra sindaci dei diversi comuni, rappresentanti delle istituzioni locali, terzo settore, mondo del volontariato e della scuola, imprese. Durante ogni incontro sono state analizzate, insieme ai territori direttamente coinvolti, le potenzialità e le debolezze dei vari comuni e dell’intera area delle Madonie.
«In questa fase di ricerca abbiamo intervistato le imprese e siamo andati a visitare imprenditori, agricoltori, artigiani, sindaci, lavoratori del terzo settore. E oltre a questo abbiamo attivato un meccanismo di ricerca di fondi europei per sostenere l’accoglienza nei comuni e costruire luoghi di incontro, grazie a investimenti fatti in maniera integrata tra i comuni che si associano tra loro – spiega Luciano D’Angelo, coordinatore del progetto. – Quello che abbiamo proposto ai 26 comuni delle Madonie è un percorso in sei tappe che parte dall’analisi della disponibilità di abitazioni e di lavoro, fino all’accompagnamento delle famiglie o delle singole persone da parte dei nuclei familiari dei paesi coinvolti, i quali diventano delle “famiglie adottanti” che hanno l’obiettivo di facilitare l’inclusione, favorendo l’inserimento delle persone straniere all’interno delle comunità locali».