Abbiamo incontrato Giovanni La Parola al Sicilia Film Festival (la rassegna cinematografica che chiuderà i battenti con la premiazione di oggi a Terrasini) dove presenta in concorso la sua opera prima, Il mio Corpo vi Seppellirà. Un Western Borbonico, come ama definirlo il giovane regista palermitano trapiantato a Bologna, che narra mischiando i generi, una vicenda storica poco conosciuta: la conquista del Regno delle due Sicilie ad opera dei Savoia.
Giovanni La Parola Il mio corpo vi seppellirà é uscito in piena pandemia, quindi l’abbiamo potuto apprezzare solo in streaming. L’occasione del Sicilia Film Festival é una delle rare possibilità per vederlo sul grande schermo
Io e gli attori siamo molto felici della partecipazione del film a diverse rassegne estive, come questa. È un’occasione anche per capire cosa ne pensa realmente il pubblico, per incontrarlo e per discuterne insieme. Visto che proprio a causa del Covid-19 il film é andato solo sulle piattaforme in streaming
Il mio corpo vi seppellirà narra una storia di vinti. Da dove viene l’idea di raccontare l’unità d’Italia dal punto di vista di chi ha perso?
L’idea nasce in verità da un cortometraggio che si chiama Cusutu Ncoddu, che é uscito nel 2012, e raccontava la storia di un sarto ambulante che andava in giro per la Sicilia a cucire vestiti per l’aristocrazia dell’Isola. Ad un certo punto incappa in una masseria dove avviene una piccola rivolta di contadini, che impiccano il padrone suo cliente e sequestrano questo sarto. Il corto sperimentava un nuovo genere, una sorta di Western borbonico, come lo definisco io. La lettura della storia risorgimentale siciliana filtrata con questa lente.
Vedendo che funzionava ho iniziato a a fare ricerca sulle storie dei Briganti e delle Brigantesse. E da lì ho conosciuto la storia taciuta dai vincitori ed in particolare la storia di un brigantaggio tinto di valori politici. Così ho scoperto la storia di queste donne briganti, di Ciccilla, di Michelina De Cesari, di Filomena ed é nata la storia del Il mio corpo vi seppellirà. Ispirata a fatti concreti di cronaca. Documentandomi sulle storie di Briganti e Brigantesse ho potuto conoscere un altro volto della storia. L’occupazione e la conquista del meridione d’Italia da parte dei Piemontesi negli anni immediatamente successivi all’unità fu spietata. Dietro l’Unità Italiana ho scoperto storie di soprusi, violenze e razzismo, se pensiamo che a Fenestrelle, il carcere piemontese, dove erano portati i briganti che venivano decapitati e studiati come se fossero una razza inferiore.
Anche come chiamavano le donne del Sud le Drude (Prostitute), che poi é il nome delle banda delle quattro protagoniste del film
Sicuramente queste donne sono delle eroine, che hanno anche qualcosa di estremamente moderno, se pensiamo alla condizione delle donne dell’epoca e dei 70 anni successivi, loro mangiavano polvere e si conquistavano metro per metro il loro territorio, senza l’aiuto degli uomini. Quindi é molto interessante l’autodeterminazione di queste donne che ha dato spunto ad una storia che io ho cercato di rendere più pop possibile, mescolando i generi. C’é il Western, c’é il Pulp, c’é anche qualcosa che potrebbe vagamente sfiorare l’horror e c’é la fiaba, nella rappresentazione che faccio di tutto questo mondo, attraverso uno studio molto accurato sui costumi, le scenografie e i personaggi con l’intento di renderli allegorici.
Come mai hai scelto il Western?
Come ti dicevo a partire da quel cortometraggio ho cominciato ad immaginare la Sicilia, ma più in generale il Sud Italia come molto simile alla frontiera americana, anche con la violenza annidata dietro un cespuglio. Un territorio arido e pericoloso, che potrebbe essere tranquillamente associato al paesaggio western americano. Il Sud Italia era una terra molto difficile e pericolosa, ancor di più per chi veniva dal Nord e non ne conosceva il linguaggio.
Noi, tutto sommato, siamo figli, prima di una guerra fratricida e poi di una guerra di conquista. Un regno che conquista un altro regno, come se domani la Svizzera ci invadesse e noi non sappiamo un acca di tedesco e loro non sanno un acca d’italiano. Quindi la dimensione era quella di popoli uniti un po’ per forza, con questi poveracci nelle campagne che non conoscevano neanche il nome del nuovo Re ed esattamente come nel film, si moriva per questa ragione.
Quindi violenza, cinismo e razzismo
Si, questo lascia un po’ pensare, noi ci consideriamo un popolo unito e di fatto ancora oggi persistono molte differenze culturali. Un Sud, arretrato ma ricco, con questo piccolo regno piemontese aiutato un po’ dalla massoneria francese e dagli inglesi (già presenti al sud Italia). Venivano a prendere l’oro e lo scambiavano con la carta moneta, che sarebbe servita per ricomprarsi i terreni che già si possedevano. Un’aristocrazia meridionale che non capiva di essere essa stessa vittima di quest’invasione, e nel film questo si capisce bene.
Chiaramente dopo il 1861 l’economia del Sud Italia comincia a recedere e quella del Nord Italia comincia a crescere a grande ritmo. C’é un personaggio nel film, il Barone Fortunato, inguaribile ottimista fino alla fine, che prende il nome da uno dei primi statisti meridionali del regno d’Italia, Giustino Fortunato, che aveva cercato di creare una banca del mezzogiorno per sviluppare l’economia rurale e non glielo consentirono.
Una cosa che ci ha incuriosito molto nel film é la totale assenza delle giubbe rosse, se non nel racconto un po’ grottesco di una brigantessa
Mi piacerebbe dirti un motivo qualsiasi per cui ho escluso i garibaldini dal film, ma in verità c’erano, ma non li ho girati. Ho perso tantissime scene perché il film é stato martoriato dal maltempo, questa é stata la causa del fatto che sia nato un altro film rispetto a quello che avevo scritto.
Tra le scene perse c’era una scena stupenda in cui il baronetto Fortunato esce di casa con un’armatura medievale per unirsi ai garibaldini ed entrando nel pieno della battaglia di Calatafimi, un po’ come potrebbe essere un fan che corre verso il propio idolo, cercava di avvicinarsi a Garibaldi, ma inciampava e lo infilzava lui stesso con la spada su una gamba. Garibaldi cadeva a terra e e il baronetto lo proteggeva con la sua armatura resistente ai proiettili borbonici, allora Garibaldi per riconoscenza gli regala le colt d’oro che si vedono nel film.
Un’ultima domanda su Erré e la sua vendetta, una figura quasi Shakespeariana
In verità Erré, la protagonista silenziosa di queste vicende, é ispirata alla storia della locandiera Francesca La Gamba, che datasi alla macchia e al brigantaggio incontrò nei boschi il carnefice dei suoi figli, che era un soldato borbonico, un evento accaduto alla fine del 1700, molto prima del risorgimento. A differenza della vicenda storica, nella sceneggiatura iniziale c’era un finale molto più ottimista per Erré, che avrebbe dovuto recuperare il figlio di Filomena, morta di parto, per fuggire con il sarto e il cane. Ma, purtroppo non sono riuscito a girare le scene perché la produzione non mi ha concesso nemmeno un giorno di sforo.
Cosa farà Giovanni la Parola nell’immediato futuro? C’é già un nuovo progetto in cantiere?
Si, ma non ne parlo per scaramanzia, posso dirti solo che sarà un film diverso da Il mio corpo vi seppellirà, in cui cercherò di indagare i sentimenti di tre personaggi
Simone Di Trapani – Palermo Post