Un bianco abbagliante, una bellezza dirompente. È un posto piccolissimo, l’oratorio di San Lorenzo, eppure è un autentico scrigno d’arte. Si trova nel quartiere Kalsa di Palermo, accanto alla basilica di San Francesco d’Assisi, e per accedervi si attraversa un minuscolo giardino di papiri e aranci.
È stato costruito nel 1569 sui resti di una chiesetta dedicata a San Lorenzo, come sede della Compagnia di San Francesco, inizialmente per accogliere la sepoltura dei defunti del quartiere. Entrando si viene rapiti da un’enorme quantità di dettagli, gli stucchi bianchi dalle forme ricercate che fanno risaltare i marmi policromi del pavimento, i sedili perimetrali intarsiati in avorio e madreperla, il quadro posto sulla pala d’altare.
Di certo, è il capolavoro di Giacomo Serpotta che, nel 1699, venne incaricato di decorare l’oratorio. L’artista vi lavorò fino al 1706. Dedicò tutta la parte destra a San Francesco, mentre la parte sinistra a San Lorenzo. A catturare l’attenzione sono gli otto “teatrini” che adornano le pareti e che raccontano gli episodi salienti della vita dei due santi. Nel lato opposto all’altare, si trova la rappresentazione del martirio di San Lorenzo che lascia a bocca aperta per la sua tridimensionalità e perfezione.
Attorno ai teatrini sono raffigurate le otto allegorie, Umiltà , Gloria, Accoglienza, Penitenza, Costanza, Misericordia, Carità , Elemosina, Verità e Fede, alle quali i confratelli avrebbero dovuto guardare come esempi da seguire. Sparsi un po’ dappertutto invece ci sono i putti. Gli stucchi realizzati qui dal Serpotta, con polvere di marmo, sono famosissimi nella storia dell’arte.
Ma nella notorietà di questo posto straordinario, l’arte finisce per intrecciarsi con la cronaca nera. Oltre a Giacomo Serpotta, a determinare la fama dell’oratorio di San Lorenzo fu anche un altro artista. Nel 1609, Michelangelo Merisi da Caravaggio dipinse per l’oratorio la “Natività coi santi Francesco e Lorenzo”. Nel 1969, però, l’oratorio di San Lorenzo finì sulle pagine dei giornali di tutto il mondo per il furto clamoroso del capolavoro di Caravaggio, trafugato nella notte fra il 17 e il 18 ottobre e mai più ritrovato. La pala d’altare, un olio su tela di dimensioni 268×197 centimetri, fu realizzata dall’artista quando soggiornava nel capoluogo siciliano. Il dipinto ha tutte le caratteristiche tipiche della pittura di Caravaggio, il gioco perfetto di luci e di ombre, i personaggi realistici. Al centro della scena, c’è la Sacra Famiglia con la Madonna, San Giuseppe che dà le spalle e il Bambino Gesù sdraiato sopra un giaciglio di paglia, e ai lati le figure di San Francesco e San Lorenzo.
Oggi la nicchia, che è rimasta a lungo vuota, ospita un clone dell’opera di Caravaggio, eseguito con le più avanzate tecnologie, e, nonostante le lunghe indagini e i colpi di scena periodici, non si è mai riusciti a scogliere il mistero attorno alla storia del furto.