Le indagini che hanno portato all’arresto del candidato all’Ars del centrodestra Salvatore Ferrigno per voto di scambio politico-mafioso, con Piera Lo Iacono e il boss Giuseppe La Duca, “rivelano il conferimento alla Lo Iacono della procura ad agire in nome e conto di Lo Duca, ed il ruolo d’intermediaria concretamente svolto dall’indagata nella mediazione degli interessi mafiosi con il politico (no, non ci voglio parlare Piera… tu per me sei il filo diretto)”.
A fare da intermediario tra il boss di Carini, Giuseppe Lo Duca, e il candidato all’Assemblea regionale siciliana del centrodestra, Salvatore Ferrigno, finito nella notte in manette con l’accusa di voto di scambio politico elettorale, sarebbe stata Piera Maria Loiacono, anche lei arrestata nel blitz dei carabinieri del nucleo Investigativo del Comando provinciale di Palermo. La donna, secondo gli investigatori, si è rivelata una “figura perfettamente trasversale tra il mondo della politica e quello mafioso”. “Una donna intrisa di una sconcertante ‘cultura mafiosa'”, scrivono i pm nella richiesta di misure cautelari.
Ex assessore della Giunta comunale di Campofelice di Fitalia (piccolo comune in provincia di Palermo), nel 2017, era stata candidata, come outsider, alla Presidenza della Regione siciliana con il sostegno del movimento politico ‘Libertas’ e dei liberal socialisti.
“Lo scellerato patto di scambio fra gli indagati” è “avvenuto secondo le tipiche modalità del contratto illecito concluso tramite rappresentante: Salvatore Ferrigno, candidato alle elezioni regionali del 25 settembre, ha accettato l’offerta di raccolta dei voti formulata da Piera Lo Iacono in nome e per conto del mafioso Giuseppe Lo Duca, promessa qualificata dalla contemplatio domini, dietro la promessa di erogazione di danaro, cui peraltro ha fatto seguito la materiale dazione”. Eccolo l’atto di accusa del gip di Palermo Fabio Pilato nella misura cautelare che ha portato in carcere il candidato all’Ars Salvatore Ferrigno, il boss Giuseppe Lo Duca e la ‘mediatrice’ Piera Lo Iacono. “Le conversazioni intercorse fra Lo Duca, condannato in via definitiva per associazione mafiosa, e Lo Iacono- scrive il gip – svelano chiaramente i termini dell’offerta – rectius promessa- che prevedeva la raccolta di almeno duecento voti, per ciascuno dei quattro comuni sottoposti al controllo mafioso, in cambio di una somma di danaro non inferiore a cinquemila euro”.
“Si estrapolano le affermazioni che racchiudono l’esatto contenuto della proposta”, rivela il gip: “…tu pensi che noialtri che andiamo a fare una campagna elettorale senza guadagnare una lira?”, dice Lo Duca. “Io posso corrispondere al momento di tre al massimo quattro paesi, e basta. E sono: Carini, Torretta, Cinisi, Terrasini”. E sempre Lo Duca: “ora tu per qua gli dici ”ascoltami…” gli dici ”avendo una persona… che già ci siamo capiti pure chi è, avendo quest’amicizia… non meno di cinque a paese!…”.