Dieci arresti questa mattina a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, associazione a delinquere finalizzata all’usura ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Questo il bilancio dell’operazione congiunta di carabinieri e guardia di finanza che hanno eseguito la misura cautelare emessa dal gip di Palermo su richiesta dei magistrati della direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano. Undici gli indagati a piede libero. Fra gli arrestati un avvocato penalista palermitano che avvicinava le vittime segnalate da una funzionaria della società Riscossione Sicilia, quest’ultima indagata a piede libero.
Nove degli arrestati sono in carcere mentre per il decimo sono stati disposti gli arresti domiciliari. Carabinieri e guardia di finanza hanno poi sequestrato preventivamente immobili e società per un valore di mezzo milione di euro. L’operazione di questa mattina ha coinvolto 70 militari della compagnia dei carabinieri di Bagheria e del nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza di Palermo.
Il lunedì prestavano 500 euro e il venerdì ne pretendevano 800. L’organizzazione di usurai con collegamenti molto stretti con le famiglie mafiose dell’hinterland palermitano, applicava tassi d’interesse che arrivavano a superare il 5 mila per cento annuo. I dieci usurai ed estorsori arrestati questa mattina da carabinieri e guardia di finanza, individuavano le vittime, tutte in evidente stato di indigenza e in una chiara posizione di insolvenza, le circuivano fino a convincerle a farsi prestare il denaro a tassi che, a seconda degli episodi, variavano dal 143 per cento al 5.400 per cento annuo. Già da subito scattavano le violenze e le minacce per ottenere la restituzione del denaro con gli interessi esorbitanti. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, per spaventare maggiormente le vittime gli usurai sottolineavano come il denaro fosse di provenienza mafiosa.
L’indagine che ha portato questa mattina ad azzerare l’organizzazione di usurai vicini a Cosa nostra con i dieci arresti da parte di carabinieri e guardia di finanza nel palermitano, nasce nell’aprile del 2018 dall’inchiesta, sempre sviluppata dai magistrati della Dda di Palermo coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, sull’attività dell’avvocato penalista palermitano Alessandro Del Giudice, legale di Pietro Formoso, considerato il boss della famiglia mafiosa di Misilmeri.
Secondo i magistrati della Dda l’avvocato Del Giudice era il messaggero dei boss in carcere e garantiva la comunicazione con gli altri associati e la gestione indiretta delle attività imprenditoriali, fittiziamente intestate a terzi, nelle quali aveva investito i proventi di pregresse attività delittuose. Dagli approfondimenti investigativi su Del Giudice è emerso il suo coinvolgimento nell’organizzazione di usurai. Sempre secondo i magistrati, il professionista procacciava i clienti in difficoltà e li convinceva a mettersi nelle mani degli usurai.
Le vittime da far cadere nella rete degli usurai venivano individuate anche grazie alle soffiate di una funzionaria della società regionale Riscossione Sicilia, che forniva illecitamente notizie riservate circa le posizioni debitorie di numerosi soggetti, una volta individuate le potenziali vittime, assicurava loro la possibilità di ricevere dei prestiti ai tassi usurai descritti.
La donna, indagata a piede libero, di fatto forniva agli usurai l’elenco di imprenditori, commercianti in difficoltà, pesantemente indebitati con l’erario, soprattutto dopo lo scoppio della pandemia. Vittime che poi venivano avvicinate dai capi dell’organizzazione e agganciate prima con prestiti a tassi relativamente bassi, poi sempre più alti.
Redazione – Palermo Post