Pare che lo zar di Russia Nicola I, quando nel 1845 visitò questa singolare casa dei Florio insieme alla zarina Alessandra e alla loro figlia, ne rimase così affascinato da voler riprodurre nella sua residenza imperiale di San Pietroburgo una sala identica a quella della torre che chiamò “Rinella”.
E in effetti la Palazzina dei Quattro Pizzi è veramente una costruzione sorprendente. Si trova nella borgata marinara dell’Arenella che si sviluppò, nell’ottocento, attorno alla tonnara, antica come il sistema di pesca a cui faceva riferimento. Nel 1830 Vincenzo Florio decise di acquistare il complesso della tonnara e nel 1844 chiese all’amico padovano Carlo Giachery di ripensarne l’estetica e di trasformarla in residenza.
Carlo Giachery capì alla perfezione la richiesta del suo committente. Voleva rifasi alla cultura anglosassone alla quale aveva attinto nella sua gioventù e soprattutto voleva far breccia sulle numerose famiglie di imprenditori inglesi presenti a Palermo in quel periodo e con le quali aveva importanti rapporti di lavoro. Quello che venne fuori fu l’unico edificio neogotico realizzato da Giachery.
Il giovane architetto realizzò un vero gioiello di architettura che si affaccia sul mare. Sullo spigolo sudorientale della tonnara, dove sembra che già esistesse una torre di avvistamento, innestò un edificio non molto esteso a pianta quadrangolare sviluppato su due livelli che emergono dalla massa compatta della tonnara.
La Palazzina dei Quattro Pizzi è chiamata così per le quattro guglie che la sovrastano ed è stata utilizzata spesso dai Florio per ospitare amici e personalità illustri. Sono proprio i quattro pizzi a riprendere le architetture gotiche inglesi. Si tratta infatti di quattro torrette angolari cuspidate che posizionano l’edificio nel tipico “Gothic Revival” inglesizzante che andava di moda allora a Palermo.
Ma sono soprattutto gli interni a lasciare a bocca aperta, con i loro ambienti luminosi, le loro raffinate decorazioni, i colori brillanti, il mobilio di pregio caratterizzato da particolari ricami in legno e gli affreschi del soffitto, realizzati dai pittori Salvatore Gregorietti e da Emilio Murdolo, maestro di Renato Guttuso, che ripropongono motivi tratti dalla sala Ruggero di Palazzo dei Normanni. I disegni multicolore delle volte, invece, raffigurano le epiche gesta dei paladini. All’interno della palazzina è presente anche un piccolo museo con cimeli che appartenevano alla famiglia Florio.
Quando negli anni cinquanta i Florio si inserirono nell’industria dei sommacchi, sempre a Carlo Giachery fu commissionato il mulino a vento per la sua macina, da cui si estraeva il tannino che allora era oggetto di fiorente commercio in Sicilia. Il mulino fu costruito a fianco della palazzina.
All’inizio del ventesimo secolo anche per la Palazzina dei Quattro Pizzi, una volta esauritosi l’esercizio della tonnara, venne redatto un progetto per la sua trasformazione in albergo. Gli affari dei Florio, però, non erano più così floridi e Ignazio Florio junior non continuò in questa direzione. La palazzina quindi venne ristrutturata per permetterne una dignitosa abitazione e finì per costituire l’ultima testimonianza immobile della potenza economica della famiglia.
La residenza si è salvata dal disfacimento grazie a donna Lucie Henry, seconda moglie di Vincenzo Florio junior, l’ideatore della leggendaria Targa Florio, che cedette alcuni suoi gioielli per salvarla dalla vendita all’asta. La Palazzina dei Quattro Pizzi si può visitare solo da qualche anno. Fino a gennaio 2016, infatti, apparteneva alla signora Silvana Paladino, vedova di Cecè Paladino, il nipote acquisito di Vincenzo Florio, nonché suo pupillo, che alla sua morte fu nominato erede universale.