Casette azzurre, bianche e gialle, maioliche e opere di street art. Oggi lo chiamano “la piccola Barcellona” perché è coloratissimo e si ispira a Gaudì. Fino a qualche anno fa, invece, Borgo Parrini stava per scomparire.
Siamo vicini a Palermo, più precisamente nei dintorni del comune di Partinico, di cui Borgo Parrini è una minuscola frazione. Poche case e ancor meno residenti compongono un minuscolo centro recentemente riportato in vita grazie a una geniale operazione di riqualificazione che ha portato tantissimi curiosi e turisti a visitare le case colorate, le stradine piene di piante e i mosaici che richiamano agli edifici di Barcellona realizzati da Gaudì, e che a un certo punto hanno cominciato a spopolare sui social.
Borgo Parrini nasce tra il 1500 e il 1600, quando i padri del Noviziato dei Gesuiti di Palermo decidono di acquistare alcuni terreni agricoli vicino al paese di Partinico. Agli inizi del 1700, i Gesuiti costruiscono torrette di avvistamento, magazzini, case e una piccola chiesa dedicata a Maria Santissima del Rosario. Il villaggio viene chiamato “Borgo Parrini”, che letteralmente significa borgo dei preti.
Dopo la soppressione dell’Ordine dei Gesuiti, la proprietà del borgo passa in mano al principe francese Henri d’Orléans, duca d’Aumale, arrivato lì per produrre il “Moscatello dello Zucco”, un vino famoso in Europa nel XIX secolo, soprattutto in Francia e in Germania.
Intorno alla metà del 1800, il borgo era popolato perlopiù dagli operai impiegati nella fiorente azienda vitivinicola. A partire dal secondo dopoguerra, però, come accadde a tanti altri borghi italiani, Borgo Parrini iniziò a spopolarsi con i suoi abitanti che cominciarono ad abbandonare le loro abitazioni per trasferirsi in città. Fino alla fine degli anni Novanta, quando ha preso il via un processi di rinascita che ha coinvolto la piccola comunità.
Un po’ com’è successo in altre parti della Sicilia, un visionario, Giuseppe Gaglio, nato e cresciuto a Partinico ha acquistato dei ruderi e li ha ristrutturati. Dietro all’idea, una grande passione per l’arte e soprattutto una gran voglia di vedere vivo quel piccolo borgo in cui aveva passato gran parte della sua vita, puntando sulla bellezza e sui colori. Ha usato l’azolato e l’ocra, recuperando un’antica tradizione architettonica siciliana, poi perduta, e l’ha fusa con altre culture sempre del Mediterraneo, quelle della Spagna, del Portogallo e della Grecia. Ci ha messo dentro diversi riferimenti a Gaudì e al suo Park Guell, e un omaggio a Frida Kalo.
Il viavai di persone arrivate nell’ultimo periodo per fare qualche foto e provare le specialità locali, come “u vota e sbota” delle sue tre pizzerie e del suo forno storico, ne sanciscono il successo.