C’erano operatori di strada, lavoratori di più di cinquanta associazioni del terzo settore, parroci, docenti, dirigenti scolastici, genitori, attivisti e c’erano tanti, tantissimi ragazzi delle scuole del circondario. Oltre duemila persone sono scese in strada ieri, nel cuore di Palermo.
Si sono riunite alle 16 in piazza Casa Professa per chiedere più attenzione sul problema drammaticamente dilagante del consumo di crack, i cristalli di cocaina che stanno distruggendo la vita di un numero crescente di giovani, per chiedere servizi e iniziare a costruire un percorso che possa far fronte al complesso e urgente problema delle tossicodipendenze. Poi sono partite in corteo per raggiungere piazza Bologni, attraversando piazza Ballarò e piazza Baronio Manfredi, piazza Colajanni e piazza San Francesco Saverio, piazza San Giovanni Decollato e via Guido delle Colonne, alcune delle principali strade e piazze di spaccio e di consumo. Nel quartiere di cosiddette “crack zone” ne sono state censite almeno sette.
In testa al corteo, organizzato dall’assemblea pubblica Sos ballarò, lo slogan “La cura crea in-dipendenza” guida le facce serie, gli appelli accorati. «Chi spaccia crack è un omicida – dice l’arcivescovo Corrado Lorefice. – Chiunque pensa di detenere un potere, fosse anche quello economico, provocando morte è sempre un mafioso». In prima linea c’è Francesco Zavatteri, il papà di Giulio, morto il 15 settembre a soli 19 anni dopo una lunga dipendenza dal crack. C’è Gaia, che regge un cartello con su scritto “Tutelare è meglio di proteggere”, e gli altri ragazzi del gruppo di auto aiuto, ex consumatori di crack che si riuniscono ogni lunedì al Circolo Arci Porco Rosso e danno una mano ai loro coetanei che stanno affrontando le stesse problematiche che hanno passato loro. C’è chi a Ballarò ogni giorno lavora per cercare di strappare pezzi al degrado. Ci sono Claudio e Marta, giovanissimi studenti del sindacato del Liceo Regina Margherita, che vedono diventare la situazione attorno alla loro scuola di giorno in giorno sempre più insostenibile, chiedono che se ne parli di più perché è un tema che riguarda tragicamente la loro generazione, la mattina hanno organizzato un’assemblea studentesca, nel pomeriggio hanno sfilato in corteo con gli studenti degli altri istituti. In mezzo a loro ci sono anche il commissario Covid Renato Costa, l’assessore all’urbanistica Maurizio Carta, alcuni consiglieri comunali come Mariangela Di Gangi, Antonino Randazzo, Fabio Giambrone, Valentina Chinnici eletta deputata regionale, Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo eletto in Senato.
Acquistare il crack è facilissimo, una dose costa solo cinque euro. E il mercato della droga si diffonde sotto gli occhi di tutti, nutrendosi delle situazioni di fragilità. «In questi anni – dicono gli organizzatori del corteo – in particolar modo nelle ultime settimane, stiamo assistendo attoniti all’aumento delle morti connesse al consumo di droga nel quartiere dell’Albergheria, e non accettiamo che ogni volta tutto ciò passi in sordina, come fosse un problema esclusivo di chi la dipendenza da sostanze la vive sulla propria pelle, e delle relative famiglie. E non si può – continuano – non vedere un collegamento fra il peggioramento drastico della situazione legata alla produzione, allo spaccio e al consumo di droghe e l’arretramento dello Stato nel suo complesso».
Negli ultimi anni, infatti, si è ridotta di due terzi la presenza dei Ser.D. (ex S.E.R.T.), i servizi che si occupano di dipendenze, e del loro personale. Sono stati via via sospesi tutti i servizi di prossimità, non ci sono più operatori di strada che tentino di creare relazioni di fiducia con chi è a rischio o vive la tossicodipendenza, non ci sono centri a bassa soglia sul territorio cittadino. Ogni anno centinaia di ragazzi siciliani sono costretti ad andare a curarsi in altre regioni perché in Sicilia mancano le comunità specialistiche. Mentre il consumo di droga, e soprattutto di crack tra i giovani, aumenta, diminuiscono i medici: per circa 2000 pazienti i medici in questo momento sono 6 in tutta la città di Palermo.
«Non si può delegare al terzo settore l’intervento sulle tossicodipendenze, come spesso è stato fatto per l’educazione. Non è un tema su cui noi abbiamo le competenze», dice Massimo Castiglia di Sos Ballarò. Per le associazioni serve una risposta immediata e che non sia soltanto di ordine pubblico, il tema sono i servizi che mancano. «Siamo scesi in strada per dar vita a una giornata che possa permettere il coinvolgimento di tutti e tutte coloro che vivono il quartiere per denunciare anni di sottovalutazione, il deserto dei servizi, la proliferazione d’un sistema criminale che si arricchisce sulla pelle della popolazione, il moralismo di una politica che troppo spesso stigmatizza il consumo senza occuparsi di elaborare una strategia seria di contrasto al fenomeno nel suo complesso».
I prossimi step immediati da parte degli organizzatori sono la stesura di un documento che verrà discusso giovedì prossimo a Casa Ancora, in piazza Ponticello, la presentazione di una richiesta di un tavolo concertato alla prefettura e la sollecitazione per l’attivazione di punti di prossimità. Una delle tappe del percorso è stata l’ex questura “Duomo” della squadra Catturandi di Palermo che potrebbe diventare, come chiedono in tanti, un centro di accoglienza a bassa soglia per i tossicodipendenti. L’edificio, di attinenza della prefettura, è da anni abbandonato all’incuria.