Il silenzio arrogante dei vertici del Palermo FC stride con le dichiarazioni di un allenatore confuso e presuntuoso. Dopo l’ennesima disfatta, Dionisi si è presentato in mix zone come se avesse appena perso al 92° minuto una finale di Champions League dominata, e non una sfida salvezza in Serie B. Di fronte ai microfoni, l’allenatore ha individuato i veri colpevoli: i tifosi, troppo critici a suo dire.
Eppure, il tecnico di Abbadia San Salvatore, autore di ben otto naufragi su venti partite, dovrebbe prendersi qualche responsabilità. Ma no, un giorno è colpa dei calciatori e il giorno dopo delle “critiche distruttive”, mai colpa sua che domina sempre avversari. E anche volendo dargli ragione, è evidente che le critiche dei tifosi e della stampa – fatta eccezione per questa testata, che non ha mai smesso di criticare chi sfrutta il Palermo solo per interessi economici – sono arrivate soltanto nelle ultime settimane. Fino a tre partite fa, nonostante il disastro già evidente, molti si accodavano al pifferaio magico, tra vendite di magliette, maglioni e brindisi natalizi.
La peggiore gestione possibile
La società del Palermo FC è probabilmente una delle peggiori che la piazza potesse desiderare. Muta, arroccata nel suo silenzio, e pervasa da un’arroganza che rasenta la strafottenza. Sbaglia anche chi si occupa della comunicazione, che alterna la vendita di merchandising, sproloqui dell’allenatore di turno e nostalgici richiami a una gloriosa storia, che però appartiene al passato e a un presidente ripudiato per molto meno. Tuttavia, è difficile attribuire l’atteggiamento strafottente dei vertici societari esclusivamente al “guru” della comunicazione rosanero.
Il problema è più profondo: il calcio non può seguire le regole classiche del mercato, dove i vertici delle multinazionali si inabissano tra le vetrate dei grattacieli, perché i tifosi non sono clienti ordinari. Non si muovono tra gli scaffali di un supermercato e non acquistano un biglietto aereo. I tifosi sostengono economicamente una società calcistica senza pretendere nulla in cambio, se non che la società, prima ancora che la dquadra, incarni i valori e la storia della loro comunità.
Palermo non è un maglione natalizio
Palermo, città millenaria e culla di civiltà cosmopolita, non può essere ridotta a un semplice marchio da vendere, neanche da chi amministra territorio e persone. Ecco perché la fredda arroganza del Palermo FC – che forse può funzionare in piazze come Bolzano o Modena – è incompatibile con Palermo e i suoi tifosi.
Come disse Delio Rossi durante la storica conferenza stampa all’Addaura Hotel, “i presidenti passano, gli allenatori passano, i calciatori passano: il Palermo resta”. Chi guida questa squadra dovrebbe ricordare che si tratta di un ruolo temporaneo, che impone rispetto e responsabilità verso la storia e i valori della città.
Quanto a Dionisi, la valvola di sfogo di tutti i tifosi che ancora non ammettono di essere stati traditi da chi ci ha venduto a una multinazionale, dovrebbe essere grato se c’è ancora chi trova la forza di lamentarsi per le sorti del Palermo. Perché quel lamento non è solo una critica: è amore, è passione, è un richiamo al senso di appartenenza che il signor Dionisi e questa società non sanno mettere a valore.
Se il silenzio arrogante dei vertici continua, non ci sarà bisogno di contestazioni, che devono sempre rimanere nell’alveo della civiltà: il Palermo FC rischia di essere dimenticato da quella stessa città che ne ha fatto un simbolo di orgoglio e identità. Noi palermitani, eredi di una storia millenaria e orgogliosi della nostra cultura, non possiamo essere ridotti a clienti di un freddo marchio commerciale. Palermo non è un maglione natalizio.