La sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha respinto la richiesta di sequestrare (per poi confiscarli) i beni di Marcello Dell’Utri, ex senatore di Forza Italia, condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, pena scontata quasi per intero. Contro il provvedimento del collegio presieduto da Raffaele Malizia, i pm della Dda del capoluogo siciliano, per ora guidata da Marzia Sabella, hanno proposto appello e la Corte deciderà nei prossimi giorni.
La decisione del tribunale si è appresa soltanto oggi benché risalga alle scorse settimane: secondo quanto emerso, i giudici hanno ritenuto insussistente la sproporzione fra le ingenti ricchezze di Dell’Utri e la sua capacità di reddito, sebbene siano emersi frequenti rapporti economici e finanziari con Silvio Berlusconi, non giustificati, secondo i pm palermitani, se non da sottesi rapporti illeciti esistenti fra i due. Rapporti che sono al centro anche del processo sulla trattativa Stato-mafia, in cui Dell’Utri era stato condannato a 12 anni in primo grado per violenza o minaccia nei confronti del governo presieduto proprio da Berlusconi; in appello il co-fondatore di Forza Italia era stato assolto e proprio oggi la procura generale ha presentato contro di lui – e gli altri imputati – ricorso in Cassazione.
Sul fronte misura di prevenzione, il tribunale ha ritenuto non adeguatamente supportati da riscontri gli elementi addotti dai pm Gery Ferrara (oggi alla Procura europea) e Claudio Camilleri, per dimostrare l’illiceità della provenienza dei beni dell’ex senatore azzurro. Da qui il no al sequestro finalizzato alla confisca.