La nostra madre terra ci nutre e ci coglie, la diamo per scontata eppure è fragile, questa è la nuova sfida della FAO. Il connubio crisi alimentari e quella climatica rende urgente una soluzione olistica. La sua crisi per noi si traduce al supermercato, con i prezzi che schizzano. Un emergenza peggiorata dall’avvento della guerra tra Ucraina e Russia, due granai del mondo.
Demografia e produzione in disarmonia
La crescita demografica rende urgente la necessità di una diversa visione della terra, da cui dipende la nostra sopravvivenza. La popolazione è data in crescita in certe zone del mondo, mentre la produzione stenta e la necessità del territorio, sotto la presa del clima muta in emergenza. Ci si chiede se ci limitiamo a tappare i buchi oppure cercare soluzioni armoniose olistiche per affrontare le nuove sfide della FAO.
I dati più rilevanti secondo uno studio dell’Onu:
La superficie della terra è composta di 70,9 % d’acqua e di 29,1 % di terre emerse.
• Se la produttività rimarrà al suo livello attuale, ci serviranno la superficie di , 6 milioni di ettari ogni anno fino al 2030.
• Soltanto 3% delle acque sono dolci, di cui il 70% utilizzata per l’agricoltura.
.• Più del 75 % delle terre emerse del mondo eccezione fatta della Groellandia sono utilizzate
.• Un eccessivo pompaggio delle acque delle falde partecipa all’innalzamento delle acque marine dello 0,8 mm par anno.
Il modello alimentare e l’ambiente
La nuova sfida della FAO comprende anche la dimensione ambientale oltre a quella alimentare. Ad esse è legato il problema della malnutrizione, che non si limita soltanto alla mancanza ma anche al suo eccesso, erroneamente chiamiamo ben essere. Cosicché l’eccessivo consumo di carne produce a valle, ricadute anche sulla spesa sanitaria.
Gli effetti dei comportamenti dei singoli
• La nostra alimentazione in calorie proviene dalla terra al 99,7 %
• Nel 2008 c’erano 1,386 milioni di ettari di terre arabile nel mondo .
• L’allevamento di animali da carne assorbe più del de 8 % del consumo mondiale d’acqua dolce. 1 kg di carne esige quanto il consumo di una famiglia media per 10 mesi.
• 40 % della popolazione mondiale ( jusqu’à 2,8 milliards de personnes) vive nelle zone povere in disponibilità dell’acqua e 900 milioni non hanno accesso all’acqua potabile.
Più bisogni per meno terre
. Nel 1961, ci voleva 0,45 ettari per alimentare una persone
. Questo tasso si ridotto di metà, nel 2011 scese allo 0,20 ettari .
Le terre coltivate non avranno acqua per alimentare i 9 miliardi di persone all’orizzonte 2050 quando il 52 % delle terre utilizzate sono degradate o in via. Mentre si considera che per alimentare una persona serve lo 0,07 ettari.
Le tensioni sociali legate all’alimentazione
• 40 % dei conflitti dei 60 ultimi anni sono legati alle risorse naturali
• Più di 70 % dei paesi dichiara che il cambiamento climatico è responsabile del degrado dell’agricoltura legato alla siccità.
• Nel 2008, 60 sommosse si sono verificate in 30 paesi di cui 10 con decessi
• Sono 135 milioni persone sono potenziali rifugiati climatici al 2045
La perdita di terre agricole al livello mondiale
Da 5 a 10 milioni di ettari spariscono ogni anno per l’erosione dei suoli
- 19,5 milioni di ettari nel mondo sono annualmente convertiti dall’uso agricolo a urbanizzati.
Spreco del suolo
Lo spreco e la mal-organizzazione hanno impoverito le terre
non soltanto in termini di superficie ma anche il degrado dei suoli.
• 60 % degli ecosistemi sono degradati .
• 75% della diversità genetica sono sparite dall’inizio del 20 esimo secolo.
• 25 % delle terre del globo sono degradate oppure subiscono un degrado avanzato
20 %circa delle emissioni di carbonio.
Consumo di suolo: esempio italiano
Nel 2020: persi 52 km quadrati di terreni agricoli. In dieci anni: produzione agricola calata di 400 milioni di chili in Italia – evidenzia Coldiretti – la superficie agricola utilizzabile si è ridotta a 12,8 milioni di ettari.
La cementificazione causa la scomparsa dei terreni fertili. Infatti, sono andati persi in un decennio oltre 400 milioni di chili di prodotti agricoli, con la copertura artificiale di suolo coltivato che nel 2020 – sottolinea Coldiretti
L’urbanizzazione eccessiva in Italia
“Una situazione in cui a causa dei cambiamenti climatici – evidenzia la Coldiretti – sono sempre più frequenti gli eventi estremi, +36% nel 2021 rispetto all’anno precedente, oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che ora scorrono in superficie aumentando la pericolosità idraulica dei territori con danni e vittime”.
Il deficit produttivo agricolo
In Italia la Coldiretti parla di un deficit di produzione, soprattutto alla luce della crisi alimentare mondiale. In Italia si produce il 36% del frumento tenero consumato il e il 40% per il frumento duro destinato alla produzione di pasta. Lo stesso si può dire per il mais che copre il 53% delle necessità per l’allevamento. Mentre le carni prodotte sono solo del 55%, escluse quella di pollo. Mentre il latte prodotto in Italia copre il 75%…
In altri paesi europei, caso Francia
La Francia non è da meno in quanto a perdita di terre coltivate anche se dispone della più grande superficie agricola utile d’Europa. Con 54%, più di metà del territorio, è agricolo ( 29 milioni di ettari), 50 anni prima erano 35! Fintanto che cresceva la produttività non si poneva il problema perché la visione era quantitativa.
La lotta dispari dei piccoli agricoltori
Le piccole produzioni non riescono a fare peso nei confronti dei giganti come quelle grandi concentrazioni. In Australia dove la Anna Creek Farm dispone di 2,400 000 ettari, grande come tutto il territorio di Israele. Ma anche quella di Alessandria di 1,6 milioni di ettari, che dispone di una linea ferroviaria.
Il problema ecologico
L’agricoltura intensiva ha reso accessibile il cibo abbassando il costo, questo è indubitabile ma il costo è la concentrazione delle proprietà. Inoltre, questo crescita ha un costo collaterale invisibile ma effettivo, quello del 23% delle emissioni di gas serra. L’uso eccessivo dei pesticidi oltre al degrado dei suoli decima la biodiversità.
Il dilemma della grande concentrazione
La concentrazione delle grandi proprietà è indotta dalla necessità di redditività. Oggi alcune fonti considerano che le buone terre le plus strategiche apparterrebbero ai fondi di investimento oppure alla multinazionali direttamente. Lo scandalo della Monsanto e il brevetto di un semente usato da millenni in India rischia di incrementare. Tra i paesi dove si concentra maggiormente questo fenomeno sono: Brasile, Etiopia, Ucraina, ma anche in altri paesi.
Arriva l’alta finanza
La grande finanza per equilibrare i propri portafogli ricorre all’investimento in solido. Tra i grandi fondi e investitori ci sono nomi come, Rockefeller, Jacques Bezos, altrettanto Waren Buffet. Il movimento iniziò negli stati uniti dove i fondi di investimento investono per contro-bilanciare gli investimenti in azioni, correggono il tiro con quest’investimento di rifugio.
Il rischio dell’oligopolio
I fenomeno della vendita delle terre agricole è in crescita, spesso chi lascia le proprie terre lo fa perché non ha la resa per un fatto strutturale del mercato. Oltre alla competizione feroce i piccoli e medi agricoltori devono ricorrere alle multinazionali, lequali impongono di comprare i loro sementi annualmente. I piccoli proprietari in crisi si arrendono alla pressione del mercato. In Turchia si arriva fino a 8 000 Euro (9 658,32 $) per parcella, come è il caso in Turchia, dove Bill ha comprato terre.
Bill Gate scende in campo
Caso a parte per Bill Gate, che aveva una propria idea per ovviare alla povertà, elaborando un suo progetto. La Fondation Bill & Melinda Gates ha promesso un assistenza di 315 milioni di dollari per aiutare milioni di piccoli agricoltori nell’ambito della lotta contro la fame.
Servono soluzioni collettive
Il miliardario ha acquisito 242 000 ettari di terre agricole in 18 stati – e 268 984 di terre polivalente in 19 stati in totale. Non sono solo i grandi capitali a fare parte della rincorsa, della partita ci sono anche gli stati, come l’India, l’Arabia Saudita, ma anche la China- dove c’è la più grande azienda agricolo con 9 milioni di ettari. Anche questo sarà una tendenza di cui il progetto della nuova sfida della FAO dovrà tenere conto.
La tenaglia sui popoli africani
I paesi africani tentano di fermare questa corsa alle terre, con delle leggi ad hoc, grazie all’assistenza delle ONG. Ma le multinazionali per evitare l’immagine neo-coloniale, hanno messo in atto una strategia alternativa. Si tratta di fare dei contratti per certe produzioni scelte della multinazionale. Gli agricoltori devono comprare i sementi determinati dalla multinazionale a lungo termini, la nuova sfida della FAO passa anche dalla mediazione degli interessi.
Gli investimenti sono necessari
Gli investimenti sono leciti ma è la strategia che è problematica. Si tratta di decentrare e implementare l’autonomia e non concentrarle in poche mani quelle terre di cui dipenderà la vita di miliardi di persone. Sono in antitesi alla necessità di autonomia alimentare in questi paesi per quanti riguarda i loro bisogni alimentari.
La vita prima del mercato
Infatti, gli investimenti sono per lo più nei prodotti ad alto valore aggiunto, per le multinazionali, come il cacao, l’Anacardo oppure il cotone, quando non sono colture per produrre agro-carburanti, come l’olio di palma
Organizzare la resilienza
L’organizzazione dell’Onu vuole introdurre i criteri del management nella produzione agricola. Si tratta di di aiutare i produttori con mezzi scientifici sia nella gestione che in quella di selezione tecnica dei suoli.
La mappatura dei suoli, caso Etiopia.
Nell’ambito della prevenzione contro la fame iscritto tra nella nuova sfida della FAO, l’Onu insieme alle sue organizzazioni intendono fare ricorso al management applicato al settore. Per aiutare gli agricoltori dell’Etiopia la FAO ha individuato nella tecnologia al servizio dell’agricoltura per guadagnare tempo e denaro.
Nell’ambito della prevenzione contro la fame iscritto tra nella nuova sfida della FAO, l’Onu insieme alle sue organizzazioni intendono fare ricorso al management applicato al settore. Per aiutare gli agricoltori dell’Etiopia la FAO ha individuato nella tecnologia al servizio dell’agricoltura per guadagnare tempo e denaro.
Una strategia a più strati
La proposta mira a creare una banca dati nazionale del suolo autosufficiente e gestita dal governo sempre nell’ambito delle nuove sfide della FAO. In seguito farla diventare un bene pubblico da utilizzare per le politiche pubbliche, il settore privato e gli agricoltori.
Lavorare per obbiettivi
Per raggiungere questo obiettivo, la nuova sfida della fAO necessità di seguirà le seguenti fasi:
Per raggiungere questo obiettivo, la nuova sfida della fAO necessità di seguirà le seguenti fasi:
-Rilevamento del suolo e raccolta di campioni di suolo.
Si prevede la raccolta di vari tipi di dati sul campo e la raccolta di campioni di terreno. Si utilizzerà un protocollo e metodologie di campionamento del suolo scientificamente e tecnicamente replicabili, utilizzando metodi e tecnologie all’avanguardia.
Trattamento del suolo
– Il progetto prevede la creazione di una struttura per l’essiccazione e la lavorazione dei campioni di suolo.
Analisi di laboratorio
-L’iniziativa prevede lo sviluppo di procedure operative standard per l’analisi dei parametri di fertilità del suolo. L’iniziativa introdurrà anche una metodologia di analisi chimica multi-nutriente del suolo.
Un database di informazioni sul suolo
Saranno acquistati i componenti hardware e software del sistema, compresi i linguaggi di programmazione, i server di archiviazione, il server di elaborazione delle immagini satellitari e il database spaziale e i server, server di elaborazione delle immagini satellitari e sviluppo di database spaziali. Cosi la tecnologia moderna è messa a contribuzione per la realizzazione della nuova sfida della FAO.
La formazione
Il capitolo formazione è il legame più impattante sui risultati a lungo termini, perché i suoli hanno bisogno di una leva più incisiva sia nei risultati ma anche come alleati dell’ambiente. La nuova sfida della FAO ha bisogno del fattore umano.
-Il rafforzamento delle capacità, come nel caso dell’Etiopia, sarà parte integrante della creazione del database nazionale del suolo.
Gestione del rischio
Il database ha dovuto affrontare le incongruenze dei confini amministrativi tra le regioni e all’interno delle stesse. Abbiamo visto lo stato reale della produzione agricola di cui i rendimenti sono a rischio per i cambiamenti climatici. Se la frammentazione delle proprietà non permette economia di scale, altrettanto la grande concentrazione che vede la terra agricola come leva finanziaria. Questo rischia di vanificare la resilienza dei popoli e della loro autosufficienza alimentare.
Il database ha dovuto affrontare le incongruenze dei confini amministrativi tra le regioni e all’interno delle stesse. Abbiamo visto lo stato reale della produzione agricola di cui i rendimenti sono a rischio per i cambiamenti climatici. Se la frammentazione delle proprietà non permette economia di scale, altrettanto la grande concentrazione che vede la terra agricola come leva finanziaria. Questo rischia di vanificare la resilienza dei popoli e della loro autosufficienza alimentare.
Quale posto per la finanza
La finanza è necessaria per l’economia, quindi anche per l’agricoltura, ma le scelte delle produzioni vanno scelti dai popoli. Perché il mercato agricolo è strategico sia in considerazione della stabilità e della pace ma anche è legato alla necessità di proteggere l’ambiente. Quindi servono soluzioni olistiche. Questi fondi possono collaborare con gli enti collaterali dell’Onu e dell’Unione africana.
L’agricoltura è un bisogno primario
Perché produrre per i bisogni delle multinazionali negando i bisogni primari dei popoli fa parte delle nuove sfide della FAO. Inoltre una soluzione di breve termine rischia di avviare una soluzione tutt’altro che una soluzioni strutturali.
Come abbiamo visto in precedenza, le tensioni attorno alle nuove sfide della FAO, come la crisi alimentari vengono disattese, il che è foriera di tensioni.
Oggi, il deficit di produzione alimentare in Africa è la causa di guerre e delle migrazioni di massa verso l’Europa. La domanda è come potremmo alimentare il doppio di africani nel 2050 (2 miliardi di africani nel 2050). La logica dei grandi gruppi, giustamente è quella esclusiva del mercato, investendo nei prodotti redditizi, cioè per l’export. Invece i bisogni primari sono esistenziali, quindi strategici per l’umanità, da cui l’impossibilità di affidare la programmazione solo alla logica di mercato.
Mohamed Ait Kaci