Il Palermo non ammazza le grandi. È una grande

Simone Di Trapani
da Simone Di Trapani
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Il socio di minoranza del Palermo parla di obiettivo salvezza e naturalmente parte dei media si adeguano ad una visione che sconfina la modestia per accomodarsi nella mediocrità. Così osservando i titoli di illustri testate giornalistiche campeggia la frase “Palermo ammazza grandi” ad esaltare il successo di ieri contro il Bari.

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Ma da quando Bari è una grande e Palermo è una piccola?

Bari è la la nona città italiana per numero di abitanti, calcisticamente il miglior piazzamento del Bari in serie A è un settimo posto che risale al campionato 1947-47, i pugliesi non hanno mai giocato una competizione europea, il Bari nella sua storia ha avuto due calciatori campioni del mondo (Zambrotta e Perrotta), la società è di proprietà della  dalla Filmauro di Aurelio De Laurentis che possiede il Napoli ed ha un fatturato di 245 milioni di euro in calo da qualche anno.

Palermo è la quinta città più popolosa d’Italia, calcisticamente è arrivata tre volte quinta in serie A (2005-06, 2006-07, 2009-10) Ha giocato 28 partite in Europa League vincendone 13, il miglior piazzamento è stato agli ottavi di finale nel 2005-06. Tra le fila del Palermo hanno giocato 9 calciatori campioni del mondo (Causio, Zaccardo, Grosso, Barzagli, Barone, Toni, Amelia, Gilardino e Dybala), il Palermo apprtiene al City Football Group che fattura 544 milioni di euro e possiede il Manchester City ed altre 11 società in giro per il mondo.

Quindi no, in serie B il Palermo non è un’ammazza grandi. Per storia calcistica siamo dietro soltanto a Genoa, Cagliari e Parma. Per blasone ed importanza della Città non stiamo dietro a nessuno. Siamo stati un’ammazza grandi quando andavamo a vincere a Torino contro la Juventus o a Milano contro il Milan.

Ma ad oggi siamo una grande di questa serie B e lentamente anche la squadra ne sta prendendo consapevolezza. Inanellando ieri il settimo risultato utile consecutivo ci siamo affacciati alla zona play off e riteniamo che si debba guardare alla distanza dal secondo posto (8 punti) più che a quella dal terzultimo (8 punti), perché nello sport l’eccesso di modestia si chiama mediocrità che si traduce inevitabilmente in sconfitta.

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