Nelle cronache di guerra solitamente, per ovvi motivi legati all’esigenza narrativa, si tende a non addentrarsi nei dettagli, preferendo limitarsi al racconto dei macro-eventi; così come quando si fa riferimento ai bombardamenti degli alleati su Palermo, tralasciando gli “effetti collaterali” sulle zone vicine, come ad esempio il territorio di Bagheria.
Eppure, se si considerano alcune dinamiche, conseguenziali a tali “effetti collaterali”, può essere utile, sia dal punto vista storico, che, naturalmente umano, conoscere ciò che è accadde in quei terribili giorni dell’estate del 1943.
Ogni volta che venivano sganciati degli ordigni dai bombardieri anglo-statunitensi su Palermo, ovviamente, data la vicinanza territoriale i velivoli militari solcavano i cieli sopra Bagheria e i paesi limitrofi, con il conseguente ed ampiamente comprensibile terrore per la popolazione locale, che a seguito dello scattare dell’allarme si precipitava per raggiungere i rifugi antiaerei.
All’epoca erano, infatti, molti che, avendone la possibilità, si erano spostati a vivere in campagna, spesso ospiti di parenti, dove si sentivano più al sicuro, per quanto in tempi di guerra il concetto di sicurezza era molto labile.
Tra i rifugi antiaerei che i bagheresi consideravano i più salvifici certamente vi erano le pirriere (cave di pietra) della borgata marinara di Aspra, ma c’era un problema gravoso da risolvere: non erano facilmente raggiungibili in tempi utili per evitare di perire sotto le bombe sganciate dagli aerei nemici.
Per questo motivo, spesso si preferiva ricorrere agli scantinati delle case più alte, adattate alla meno peggio alle circostanze.
Fu proprio in queste circostanze che anche Bagheria, si trovò, suo malgrado, a pagare il pesante tributo di sangue voluto dai nemici, o per essere ancora più precisi dalla follia della guerra.
In quella terribile notte tra il 6 e il 7 luglio del 1943, vi furono diverse vittime, la maggior parte dei quali erano inermi civili, donne, vecchi, ed anche bambini.
È accertato che in quella tempesta di bombe i piloti di alcuni aerei si trovarono a fronteggiare avarie al motore, risolvibili con l’alleggerimento del carico a bordo; ovvero sganciando bombe per riprendere quota: bombe che a volte, pur non gettate per scopi puramente bellici, colpivano bersagli umani inconsapevoli.
Un altro aspetto che dimostra la follia della guerra: rimanere uccisi per “errore”, per il verificarsi di un caso non previsto, ma che è comunque riconducibile alle dinamiche terribili di un conflitto, che ha lasciato segni indelebili nella memoria di chi ha vissuto quei giorni.
A tale proposito, una delle testimonianze di rilievo di quei terribili giorni di guerra a Bagheria si può riscontrare nel libro: “Cose che furono” di Felicita Alliata di Villafranca, nonna della scrittrice Dacia Maraini.
«Eravamo a Villa Valguarnera, tra le famiglie nostre, gli sfollati – scrive Felicita Alliata – eravamo un centinaio, oltre il presidio militare anti-paracadutisti…La sera del 6 luglio, durante un bombardamento, gli aerei nemici…ne hanno regalato anche a Bagheria facendo danni e vittime…Una è caduta anche in casa Spedalotto. Giorni di ansia e, per alcuni, di terrore».
Alcune di quelle bombe finirono ad un passo da Corso Umberto I, l’asse viario principale di Bagheria (conosciuto come “stratuneddu”), tra via Senatore Scaduto e via Triolo, le schegge dell’ordigno si conficcarono nella saracinesca di una bottega artigiana, rimanendo a memoria futura di quella tragica notte.
Un altro interessante aneddoto riguarda il caso di una persona rimasta chiusa in casa dopo che l’esplosione di una bomba aveva bloccato la porta d’ingresso ma, che fortunatamente, fu soccorsa dai vicini.
Da una verifica del Registro degli atti di morte del Comune di Bagheria del 1943, ancora in corso di esecuzione, sono emersi i nominativi di 22 civili morti per cause belliche, in varie zone del territorio comunale e nella zona di Aspra Mongerbino.
Molte di queste persone furono vittime dirette dei bombardamenti che hanno colpito Bagheria il 6 e 7 luglio, altri morirono successivamente a seguito delle ferite riportate.
Sono passati 80 anni dallo sbarco alleato in Sicilia, con quella maxi operazione bellica con il nome in codice “Husky”, avviata il 10 luglio 1943, e a distanza di tempo rimane innegabile l’importanza di continuare a ricordare le vittime dei bombardamenti, e ciò che accadde dopo la conquista dell’Isola da parte dell’esercito anglo-statunitense, proprio a Bagheria.
La sera del 22 luglio, al Palazzo Reale di Palermo, fu sottoscritta la resa tra il generale Giuseppe Molinero, comandante della difesa porto “N” di Palermo, ed il generale statunitense Geoffrey Keyes a cui consegnò la Città.
Il generale Patton, comandante della 7a Armata, giunse a Palermo un’ora dopo.
Le truppe statunitensi occuparono Bagheria nella mattinata del giorno successivo, penetrando in paese attraverso la Strada Statale 113.
Giunti alla stazione ferroviaria, i soldati statunitensi si impossessarono di un treno ospedale dell’esercito italiano (il n° 32 per l’esattezza), anche se era regolarmente contrassegnato, sui tetti dei vagoni, da enormi croci rosse su fondo bianco; un’altra operazione decisamente ingloriosa e meschina da parte dell’esercito alleato dopo i bombardamenti su zone prive di interesse militare come Bagheria, che hanno causato perdite fra i civili indifesi.
Alla stazione ferroviaria in molti vennero fatti prigionieri, fra cui 50 ufficiali, medici, il farmacista ed il cappellano del treno ospedale, gli ufficiali dei reparti di fanteria ed artiglieria della difesa costiera, e perfino sbandati scappati da Palermo.
Circa 800 furono i militari di truppa catturati, molti dei quali abbandonarono le loro posizioni prima della vista del nemico, tra questi i soldati inquadrati nel reparto anti-paracadutisti che erano di stanza, come è già stato accennato, a Villa Valguarnera.
Il bombardamento intensivo di obiettivi civili con l’intento di abbattere il morale della popolazione colpita, è una pratica consolidata, purtroppo, in vari conflitti successivi alla II Guerra Mondiale.
A rischio, quindi, di essere additati per abuso di retorica, occorre ribadire con forza che è doveroso ricordare le vittime innocenti delle guerre, sperando che sia un modo efficace per dimostrare l’assurdità di una follia senza eguali.
I giorni di terrore della terribile estate del 1943 a Bagheria, che furono soltanto “l’anteprima” dello Sbarco in Sicilia, saranno ricordati in un evento per onorare la memoria delle vittime civili durante il bombardamento dell’aviazione alleata in città, che si svolgerà nella cittadina del Palermitano il 2 dicembre alle 17.30, presso la sede del circolo BOCS.
All’evento, organizzato dalla sezione ANPI di Bagheria e dall’associazione BOCS, verranno ampiamente narrate le cronache di guerra di quel periodo buio della storia, descrivendo un lavoro di ricerca che ricostruisce le dinamiche dei fatti accaduti, con lo scopo di non relegare nell’oblio generale degli avvenimenti, che per quanto tragici, devono essere ricordati, per far si di trarre, una buona volta, degli insegnamenti dalla storia.
Nella foto in evidenza: Bomba sganciata da un B17 (conosciuto anche come “fortezza volante”) dell’U.S. Army Air Force sulla città di Palermo nel luglio 1943.