Erano gli ultimi giorni di scuola, erano i pomeriggi di primavera che già sapevano d’estate, era l’uscita con gli amici, era la serata fuori con la famiglia, era il profumo di tante culture, era il fragore di Palermo, era…era la Fiera del Mediterraneo.
Due settimane a cavallo tra fine maggio e inizio giugno che, a palermitani e non, regalavano pura gioia! Si iniziava con la corsa ai biglietti omaggio, una ricerca spasmodica di amici e parenti che potessero avere un qualsiasi accesso gratuito alla fiera. Chi non rientrava nell’olimpo dei beneficiari allora l’organizzazione era diversa: appuntamento vicino l’ingresso principale, raccolta soldi per i biglietti e relativa conta per scegliere la vittima sacrificale che andava a fare la lunga fila ai botteghini.
Da quel momento l’iter Fiera Campionaria del Mediterraneo si snodava su due scelte di fondamentale importanza: ingresso Stand o ingresso giostre? Il dubbio amletico si scioglieva a seconda dell’età prevalente del gruppo e dell’assortimento della compagnia…
La Fiera del Mediterraneo
Da qualsiasi ingresso, varcato il tornello, iniziava il “fierathlon”, una “cammicorsamarcia” che si svolgeva in circa tre/quattro ore, su una superfice complessiva, tra padiglioni ed aree esterne, di circa 70.000mq, ma alla fine ne valeva la pena! Alla fiera non c’erano poveri o ricchi, eravamo tutti avventori, in egual maniera. Si comprava negli stand di “tutto il mondo”: bracciali, collanine, cavigliere, caftani, infradito e tanto altro, e tutto profumava d’incenso. Si guardava meravigliati e con invidia, il padiglione dedicato alla nautica e poi all’esterno, quasi di fronte, ci divertivamo a guardare lo spazio dedicato agli arredi per esterni, ai camper e alle automobili, c’era anche chi vendeva antiquariato ed arredi in ferro battuto. Poi da lì, già con l’acquolina in bocca e con gli odori di mille delizie che solleticavano le narici, si passava all’area food. Un tripudio di leccornie e piatti tipici, ovviamente imperava lo street food palermitano, ma la fiera era anche un’occasione per mangiare piatti etnici oppure specialità regionali o una buona pizza oppure ancora un panino “topolino”.
E dopo il salato non c’era che l’imbarazzo della scelta: waffle alla nutella, crepes dolci per ogni gusto e palato, gelati, granite, e caramelle…tante caramelle gommose e liquirizie, il tutto coronato da zucchero filato e mele candite. E alla fine, con le pance sazie e le mani piene di volantini vari, c’erano loro, le giostre! Croce e delizia di tutti gli avventori della fiera: autoscontro, galeone, montagne russe e ranger questi erano i più gettonati, ma erano veramente tantissime e per tutte le età. E poi…il tiro al bersaglio per ottenere un peluches (che, alla fine, se lo compravi in negozio costava meno!) o il lancio delle palline dentro le bocce di vetro. Tutti almeno una volta nella nostra vita abbiamo posto la fatidica domanda: “me lo prendi il pesce rosso?”.
Una menzione speciale va anche agli inventori delle buste a sorpresa, desiderio, quasi sempre soddisfatto dai genitori, di tutti i bambini. In ogni stand ce n’erano ceste piene di tutti i tipi, grandezze e prezzo. C’era anche dove si potevano fare le foto in formato calendario, per poterle collezionare negli anni come ricordo, anche se poi la foto clou della giornata era quella vicino la fontana all’ingresso principale. E infine da dove si era entrati, stanchi, anzi stremati, con una taglia in più, con una effimera spensieratezza e soddisfazione, si usciva e con la solita domanda si ritornava alla mera vita di tutti i giorni: “ma dove abbiamo posteggiato?”.
La fiera…che bei ricordi, che meraviglia, che nostalgia!
Dedicato alla memoria di tutti pesci rossi che sono stati vinti.
Roberta D’Asta – Palermo Post