Tragedia e violenza si sono intrecciate questa mattina nel quartiere Brancaccio di Palermo. Una donna è deceduta per cause naturali e, all’arrivo dei soccorritori del 118, si è verificata una violenta aggressione da parte dei familiari della vittima. I sanitari, appartenenti alla postazione di Villabate, sono stati feriti e, per mettersi in salvo, si sono visti costretti a barricarsi all’interno dell’ospedale Buccheri La Ferla.
L’episodio ha richiesto l’intervento congiunto dei carabinieri e della polizia. L’azione repentina delle forze dell’ordine ha evitato conseguenze peggiori, ma il fatto rimane grave e sintomatico di un problema ormai sistemico: la crescente esposizione alla violenza del personale sanitario, specialmente quello impegnato nei servizi di emergenza.
Confintesa Sanità: “Non possiamo più tollerare aggressioni”
La reazione da parte delle sigle sindacali non si è fatta attendere. Domenico Amato e Gianni Ferdico, rispettivamente segretario e coordinatore regionale di Confintesa Sanità Sicilia, hanno condannato fermamente l’aggressione, richiamando l’attenzione su una serie di episodi analoghi avvenuti negli ultimi giorni.
“Soltanto sei giorni fa – ricordano – un altro operatore del 118 era stato aggredito in via Perpignano, colpito dallo stesso paziente che aveva appena assistito”. La denuncia si allarga al contesto più ampio delle condizioni in cui si trovano a operare gli autisti soccorritori della Seus, spesso senza adeguati strumenti di tutela.
Il sindacato evidenzia che, sebbene la Seus abbia avviato campagne di sensibilizzazione nelle scuole, installato telecamere a bordo dei mezzi di soccorso e provveduto all’acquisto di body cam da destinare al personale, manca ancora l’autorizzazione necessaria della Prefettura di Palermo per l’utilizzo effettivo di questi dispositivi.
Un problema strutturale che richiede risposte urgenti
“Non si può continuare così – affermano con preoccupazione Amato e Ferdico – dobbiamo forse aspettare che ci scappi il morto perché venga adottata una vera terapia d’urto?” La richiesta è chiara: serve un intervento concreto e immediato da parte delle istituzioni a tutti i livelli, dalla Prefettura alla Regione, fino al Governo centrale.
L’auspicio è che le body cam, ritenute un deterrente efficace contro le aggressioni, possano essere presto operative. Ma il discorso va ben oltre: occorre ripensare l’intero assetto di sicurezza in cui si svolge il lavoro degli operatori del 118, garantendo non solo protezione fisica ma anche dignità professionale a chi si trova quotidianamente in prima linea.
Intanto, resta alta la tensione tra i sanitari, sempre più spesso bersaglio di rabbia, frustrazione e violenza da parte di cittadini in stato di agitazione emotiva. L’aggressione avvenuta a Brancaccio rappresenta, purtroppo, solo l’ultimo di una lunga serie di episodi che testimoniano l’urgenza di un cambiamento profondo