“Il governo tenga conto dell’atto di indirizzo già deliberato dall’Assemblea regionale, che invita a far scorrere la graduatoria dell’Avviso 8 per l’utilizzo dei fondi che si sono resi disponibili, ed intervenga per scongiurare la perdita di risorse che potrebbero invece garantire ad una platea più ampia di disoccupati l’accesso ai corsi di formazione professionale che possono costituire una chance in più per l’accesso al lavoro. Non è accettabile che i 40 milioni di euro dell’avviso 8 e del FSE siano irrimediabilmente persi e destinati ad altre Regioni più virtuose in termini di spesa”. Lo scrivono in una lettera appello al presidente della Regione i rappresentanti delle associazioni enti di formazione professionale della Sicilia.
“Più volte l’assessore regionale all’istruzione e Formazione professionale ha dichiarato di non avere interesse ad utilizzare le risorse a disposizione facendo scorrere la graduatoria dell’Avviso 8 senza tuttavia dare una spiegazione plausibile. Non è accettabile – continua la lettera inoltrata anche al presidente della V commissione all’Ars – che le qualifiche rilasciate dai corsi professionali siano additate come obsolete rispetto al mercato del lavoro, forse l’assessore dimentica che sono le stesse previste dal ‘repertorio regionale delle qualifiche professionali’ deciso dalla Regione Siciliana a cui gli enti devono attenersi. Concordiamo con l’assessore sulla necessità di soddisfare le esigenze professionali delle aziende, ma non è stato mai previsto un confronto (protocolli di intesa, accordi, ecc.) con le associazioni imprenditoriali e di categorie per concordare la formazione delle figure necessarie che per altro possono essere formate dalle stesse imprese attraverso fondi pubblici, i fondi interprofessionali, tirocini formativi ed apprendistati professionalizzanti. Anche la possibile programmazione di un nuovo bando appare una strada difficile da percorrere dato che le risorse in questione vanno impiegate entro dicembre 2023 e non ci sono i tempi tecnici per istruire una procedura pubblica. Il rischio – concludono i rappresentanti degli enti – è quello di perdere irrimediabilmente 40 milioni di euro, un danno economico e sociale che la Sicilia non può permettersi”.