La polizia di Stato ha sequestrato un conto corrente all’erede di un amministratore giudiziario: i soldi contenuti erano stati confiscati alla mafia. Il provvedimento, emesso dalla Sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo su proposta del procuratore e del questore, ha disposto il sequestro di 779.476 euro al termine delle indagini dell’Ufficio Misure di prevenzione patrimoniali della Divisione Anticrimine relative alla gestione di alcuni conti correnti confiscati nel 2012 ai mafiosi Rosario Gambino e Salvatore Inzerillo, da parte di un amministratore giudiziario a suo tempo nominato: era poi deceduto e non era stato depositato il rendiconto finale delle attività. In base agli accertamenti è emerso che dal 2005 al 2008 aveva effettuato una serie di prelievi di denaro senza autorizzazione, per 621.487 euro. Per questo motivo era stato iscritto nel registro degli indagati per peculato continuato, successivamente archiviato per intervenuta morte. Gli accertamenti successivi hanno consentito di appurare che i prelievi erano stati effettuati per investimenti di natura imprenditoriale nel settore vitivinicolo: in particolare realizzazione di una cantina vinicola e di un oleificio. Un erede avrebbe ricevuto dall’amministratore giudiziario, quando era ancora in vita, la titolarità della maggioranza delle quote del capitale sociale dell’azienda agricola, sita nella provincia di Agrigento. L’erede, nella qualità di rappresentante legale e socio di maggioranza della predetta società, ha proceduto, nel maggio scorso, alla vendita del ramo di azienda, per un importo complessivo di 928 mila euro.
Dagli accertamenti bancari è stato possibile verificare che il prezzo della compravendita è stato accreditato su un conto corrente intestato alla società. Pertanto, considerato che il ricavato di tale vendita è stato ritenuto il frutto del reimpiego del denaro sottratto, il Tribunale di Palermo ha disposto il sequestro d’urgenza del saldo del conto corrente, per un valore pari 779.476,31 euro.
Secondo il questore Leopoldo Laricchia “il sequestro patrimoniale d’urgenza che ha consentito di recuperare i soldi distolti da un amministratore infedele all’impiego a favore della comunità, costituisce un brillante risultato delle attività di monitoraggio dei patrimoni mafiosi condotta anche dopo la confisca da parte della procura e della questura. Questo ed altri episodi purtroppo avvenuti negli anni, confermano come l’attenzione sui patrimoni sequestrati o confiscati non possa fermarsi al provvedimento che ne dispone la confisca da parte del Tribunale delle misure di prevenzione, ma debba continuare controllando ed accertando che i beni vengano effettivamente impiegati in modo produttivo a vantaggio della comunità a cui sono stati sottratti dalla criminalità mafiosa”. Nel caso specifico i 621.487,77 euro contenuti nei conti correnti sequestrati a Rosario Gambino e Salvatore Inzerillo nel 2012 “erano stati progressivamente distolti dall’amministratore giudiziario per impiegarli nell’azienda agricola personale, poi venduta dagli eredi dopo la sua morte. Fortunatamente l’alert pervenuto dal Tribunale delle misure di prevenzione a seguito di mirato controllo, ha consentito immediatamente di inoltrare allo stesso Tribunale una proposta congiunta di sequestro patrimoniale preventivo del procuratore della Repubblica e del questore come prevede la legge, e di recuperare a tempo di record il maltolto sequestrando il provento della vendita dell’azienda agricola ammontante a 779.476,31 euro”.