Il 14 luglio è approdato su Netflix “A classic horror story” film di Roberto De Feo, già conosciuto per l’acclamato horror “The nest – il nido”, stavolta affiancato alla regia da Paolo Strippoli. In questa sua nuova opera, dal taglio assolutamente internazionale, siamo quasi sicuri che già dalle prime scene esclamerete “caspita, non sembra proprio un film italiano!”.
De Feo cavalca volutamente numerosi stereotipi dei film horror e, per i più appassionati del genere, sarà molto divertente cercare di cogliere le varie citazioni ai film del passato. Soprattutto a quelle pellicole che hanno come cardine la ritualità, basti pensare ad un grande classico come The Wicker Man o al più recente Midsommar, ma le somiglianze con altri cult non mancano, come ad esempio “Quella casa nel bosco”. Tuttavia non bisogna pensare che il film sia una banale scopiazzatura di grandi capolavori del passato. Piuttosto, quello che vi troverete a guardare sarà un prodotto molto innovativo ed auto ironico, persino in grado di bucare la quarta parete ed entrare metaforicamente in contatto con lo spettatore.
Non spoileriamo la trama, ma vi daremo solo l’incipit perché questo film deve essere scoperto mano a mano.
A Classic Horror Story. La Trama
Un gruppetto di persone in viaggio condividono un camper diretto in Calabria. A causa di un incidente stradale, si risveglieranno vicino ad una casa disabitata, non più sulla strada nella quale si trovavano bensì in un bosco. Già da qui il primo mistero “ e man mano che la storia prosegue si iniziano a trovare i primi indizi, che richiamano alla leggenda del folklore italiano di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i fondatori di Cosa nostra, Camorra e ‘Ndrangheta. Tuttavia, questi indizi potrebbero portare il pubblico a pensare, proprio come suggerisce il titolo del film, di guardare un classico film horror. Ma é un tranello del regista, da qui in poi ci sarà un susseguirsi di colpi di scena alternati a scene splatter, tipiche dei film slasher, fino al finale in cui ci sarà quella rottura della quarta parete che abbiamo accennato in precedenza.
Nota di merito per costumi, ambientazioni e soprattutto le musiche, De Feo è stato capace di rendere disturbante persino “Era una casa molto carina”, canzoncina tipica dell’infanzia di molti di noi.
In conclusione, il nostro maggiore apprezzamento va alla critica non troppo velata verso la società moderna, ormai resa sempre più insensibile alla violenza, alle scene cruente e verso la morbosità e il voyeurismo di certe persone, che cercano sulla rete video reali di violenza inenarrabile. Violenza che dovrebbe restare reclusa solo nella fantasia dei film horror. Non a caso sul Dark web è florida l’industria di Snuff movie, ovvero film Horror dove i malcapitati protagonisti subiscono realmente torture e abusi fino alle morti più cruente. Ovviamente sono prodotti illegali e, se arriverete alla fine del film, capirete di cosa si parla.
Infine, abbiamo apprezzato la nota ironica e forse auto ironica di “A classic horror story”, che si palesa sempre dopo la scena finale, in questo caso ad essere criticato o preso in giro è proprio lo spettatore medio, sempre pronto a giudicare negativamente i film horror italiani. Ma in fondo, per farli tacere basterebbe citare Dario Argento oppure Mario Bava.
Il Magni – Palermo Post