La Procura generale ha chiesto in appello una condanna a 9 anni e mezzo di reclusione per Pino Maniaci, giornalista dell’emittente siciliana Telejato. In primo grado, l’accusa di estorsione non era stata confermata e Maniaci aveva ricevuto una condanna di un anno e cinque mesi per diffamazione. Ma ora, la Procura insiste sull’accusa più grave e punta a una pena ben più severa. La decisione finale è attesa per il 18 dicembre, data della prossima udienza.
Maniaci era stato coinvolto nell’operazione antimafia “Kelevra” del 2016. Secondo le accuse, avrebbe usato la sua visibilità mediatica per fare pressione sui sindaci di Partinico e Borgetto, chiedendo loro denaro in cambio di servizi televisivi che attenuassero le critiche a lui attribuite. Per l’accusa, i pagamenti configurerebbero un tentativo di estorsione ai danni degli amministratori locali.
Dall’altro lato, gli avvocati di Maniaci, Bartolomeo Parrino e Antonio Ingroia, hanno sostenuto che quei pagamenti riguardassero una normale inserzione pubblicitaria per un’attività commerciale gestita dalla moglie del giornalista, non un ricatto. Nella prossima udienza, la difesa avrà occasione di approfondire questa linea, cercando di dimostrare che non ci siano elementi per confermare l’accusa di estorsione.
Pino Maniaci ha sempre dichiarato di essere vittima di un complotto per silenziarlo e fermare le sue inchieste contro il potere locale e la mafia. Quale sarà l’esito di questo processo? La sentenza potrebbe avere un impatto non solo sulla sua carriera ma anche sul delicato equilibrio tra informazione e potere in Sicilia.