Cattive notizie per chi sperava di accedere alla pensione anticipata. Ecco i calcoli da fare per capire se conviene lavorare un anno in più.
Novità importanti per le pensioni, soprattutto per quelle anticipate. La nuova legge di bilancio introduce infatti dei cambiamenti, con requisiti più rigidi per le uscite e incentivi per la permanenza a lavoro.
Dal prossimo anno, infatti, i dipendenti pubblici vedranno alzarsi a 67 anni l’età pensionabile (prima era ferma a 65 anni) e sarà prolungare il servizio fino a 70 anni in caso di necessità organizzative, con l’accordo del dipendente. Restano esclusi da questa possibilità, come in passato, magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, ma non i militari.
Le altre opzioni: Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 103
Rimangono le altre opzioni di pensionamento, ma con versioni più blande e fortemente penalizzate. I requisiti sono infatti più rigidi e i calcoli contributivi risultano meno favorevoli rispetto al passato. In poche parole l’Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 103 rimangono ma sono poco accessibili. Secondo le stime del Governo saranno oltre 26 mila le persone che sceglieranno la pensione anticipata nel 2025, un dato che secondo gli esperti è a dir poco ottimistico.
Tornano invece più forti gli incentivi a rimanere al lavoro. Come, ad esempio, il Bonus Maroni, che diventa esentasse e include non solo chi sceglie di non usufruire di Quota 103, ma anche chi raggiunge i 42 anni e 10 mesi di contributi e continua a lavorare. A questo punto è lecito farsi una domanda: conviene continuare a lavorare per aumentare la pensione? Quanto si guadagna decidendo di rimanere sul posto di lavoro per un altro anno? A dare una risposta a queste domande è stato il Centro Studi Moneyfarm.
I calcoli da fare per la pensione anticipata
Continuare a lavorare oltre l’età minima di pensionamento può aumentare significativamente l’assegno pensionistico grazie a due fattori principali. Innanzitutto, ogni anno di lavoro aggiuntivo contribuisce ad accrescere il montante contributivo, ovvero l’insieme dei contributi versati. Per i lavoratori dipendenti, tale contributo è pari al 33% della retribuzione lorda annua, incrementando così il capitale su cui si basa il calcolo della pensione.
Inoltre, con il passare degli anni, aumenta il coefficiente di trasformazione applicato al montante. Questo coefficiente, aggiornato periodicamente, cresce con l’età del lavoratore: ad esempio, nel 2023, un pensionamento a 62 anni applicava un coefficiente del 4,88%, mentre a 63 anni sale al 5,03%. Questo incremento rende più vantaggioso posticipare la pensione, poiché si traduce in un assegno più alto.
La situazione dei giovani lavoratori
Discorso ancora più complesso per i giovani lavoratori e per i cosiddetti “contributivi puri”, ovvero i post 1996. Per loro infatti l’età minima per la pensione anticipata a 64 anni richiederà una pensione di almeno 1.724 euro mensili, con un incremento progressivo degli anni di contribuzione necessari: 25 anni dal 2025 e 30 anni dal 2030. Una situazione tutt’altro che semplice alla quale bisogna avvicinarsi con cautela, con prudenza e con le idee chiare. Per evitare spiacevoli sorprese al momento della pensione.