Continua a rimanere chiusa la Reale Cantina Borbonica di Partinico, unicum tra le architetture rurali del Meridione e una delle opere civili più importanti del passaggio borbonico. Inaugurata nel 2008, dopo complessi lavori di restauro, viene chiusa con delibera commissariale nel dicembre 2017, quando logiche di razionalizzazione di costi e di economia di gestione suggerirono la modifica delle modalità di accesso, da ordinaria a ingresso su prenotazione, consentendo di fatto aperture solo in occasione di sporadici eventi e matrimoni. Complice la mancata capacità di avviarne una gestione scientifica accompagnata da una adeguata programmazione e le turbolenti vicende politico amministrative di cui il Comune di Partinico è stato vittima negli ultimi anni (due gestioni commissariali, un sindaco dimissionario, lo scioglimento per infiltrazioni mafiose), la ‘incantina’ rimane ancora in cerca di autore, che sappia restituire dignità al monumento e alla sua storia e che permetta il rilancio della politica culturale cittadina, sacrificata da anni al burocratese.
La vicenda, che oggi ha assunto i toni dello scandalo, ha spinto un cartello composto da associazioni culturali (Inikon, I Pupi di Nino Canino) e di promozione sociale, comitati civici, (Comitato Invaso Poma, Comitato per la salvaguardia Zucco – Paterna) gruppi politici (PD), a promuovere ben due un sit-in a Maggio e a Settembre, per porre l’accento sulla condizione di degrado e di abbandono cui versa l’intero patrimonio storico cittadino, primario e secondario, a partire dalla Reale Cantina, chiedendone l’immediata apertura.
Si dovrebbe sapere – questo è l’assunto di chi vi ha aderito – che un Bene aperto consente momenti di crescita culturale, oltre che economica, se da un serio piano di rilancio si riuscisse a innescare processi virtuosi, oltre a consentire di mantenere alta l’attenzione sull’aspetto manutentivo di un Bene che, se chiuso, rimane preda dei vandali e vittima dell’abbandono. Segni di degrado sono infatti visibili, soprattutto nelle copertura e nelle porzioni di verde all’interno del sito, e che rendono improcrastinabili azioni di intervento a salvaguardia del Bene.
L’intento degli organizzatori continua ad essere quello di fare rete, di coinvolgere tutta la comunità, di riappropriarsi del proprio patrimonio perchè dalla conoscenza nasca il rispetto e perché un cittadino legato maggiormente alla propria città e al proprio patrimonio si sentirà anche più propenso a contribuire al decoro urbano con comportamenti responsabili e rispettosi del bene comune.
Senza dimenticare che la Cantina Borbonica è un presidio di legalità e che il processo di acquisizione e di restituzione alla collettività sono e rimangono la vittoria dello Stato sulla criminalità. Quindi quale messaggio di legalità migliore, dopo un anno di commissariamento per mafia, se non l’apertura di un sito che insiste in un quartiere storicamente ad alta densità mafiosa, in una Città che si è scoperta ancora preda del condizionamento della criminalità?
La Reale Cantina Borbonica rimane la metafora di un’incompiuta, di una Città che ha smarrito la sua identità e la sua memoria. Se è vero che la Bellezza salverà il mondo, a Partinico bisogna prima salvare la Bellezza.
Calogero Barretta – Palermo Post