Alle 7,45 tocca ad Alfredo Chiodi, nipote di Libero Grassi, dipingere il marciapiede di rosso per rappresentare la macchia di sangue del nonno, ucciso dalle cosche mafiose il 29 agosto di trent’anni fa.
Alla cerimonia presente anche il sindaco Leoluca Orlando, il prefetto di Palermo Giuseppe Forlani, la commissaria antiracket e antiusura Giovanna Cagliostro, Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio e poi i vertici di guardia di finanza e carabinieri, e della polizia, Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Sicilia, Tano Grasso, presidente onorario del Fai, Daniele Marannano di Addiopizzo.
L’imprenditore si oppose con forza alle pressanti richieste di pizzo di cosa nostra e lo fece pubblicamente a viso aperto e testa alta. Pubblicando una lettera di denuncia, intitolata “Caro Estortore” sul giornale di Sicilia nel gennaio del 1991. Cominciano così mesi difficili nei quali Libero Grassi collabora con le forze di polizia e contribuisce all’arresto di due elementi di spicco del Clan Madonia. Ma rifiuta di vivere sotto scorta e vie isolato dall’ambiente imprenditoriale siciliano, come lui stesso affermò, in una lettera al Corriere della sera, sentiva la vicinanza della sola Confesercenti Palermo.
Libero Grassi continuò a denunciare le estorsioni mafiose e le connivenze ad ogni livello fino a quella mattina di 30 anni fa quando fu ucciso a colpi di pistola sotto casa sua, in via Alfieri a Palermo. Da allora ogni anno i figli Davide e Alice e la moglie Pina Maisano (scomparsa nel 2016) appendono sul luogo dell’omicidio un manifesto, semplice ma chiaro, un foglio bianco con una scritta in nero col pennarello: “Il 29 agosto 1991 e’ stato assassinato Libero Grassi, imprenditore, uomo coraggioso, ucciso dalla mafia, dall’omertà dell’associazione degli industriali, dall’indifferenza dei partiti, dall’assenza dello Stato”.
Roberta D’Asta – Palermo Post