Sono passati più di vent’anni da quando il linguista e dialettologo terrasinese Giovanni Ruffino ha dato inizio all’impresa “titanica” di racchiudere soprannomi provenienti da ogni parte della Sicilia in un unico grande volume. ”La Sicilia nei soprannomi” è il titolo dell’ampia raccolta edita dal Centro di studi filologici e linguistici siciliani con il contributo della Regione.
Il termine “soprannome” o “nomignolo” presenta tantissimi sinonimi dialettali, sia in Sicilia che in Italia, ma il più diffuso di tutti è sicuramente il siciliano “nciuria” che in italiano sta per ingiuria, parola offensiva. Andando a ritroso nel tempo la nostra letteratura presenta innumerevoli usi di “ingiurie” che danno il titolo ad altrettanto famosi romanzi:basti pensare a Verga con “I Malavoglia” o alla novella “Rosso Malpelo”, ragazzino dai capelli rossi considerato da tutti cattivo proprio per questa sua caratteristica fisica da cui deriva la sua ‘nciuria.
”Il ricorso al soprannome è vecchio quanto l’uomo-precisa il dialettologo-esso non è caduto in disuso, ma la situazione è mutata.Quello del soprannome, che spesso viene considerato un tema frivolo, è in realtà molto importante e complesso. Esso è infatti all’origine dei cognomi.
Vi è un’anagrafe volubile che cambia nel tempo e nello spazio e che si può trasmettere o no di generazione in generazione chiamata anagrafe soprannominale. Pressoché quasi tutti i cognomi derivano da antichi soprannomi:di mestiere, di provenienza o che riguardano l’aspetto fisico o le qualità morali e caratteriali. Il soprannome, dal momento in cui viene attribuito ad una determinata persona, subisce un processo di trasmissione che lo porterà spesso a diventare cognome e quindi dato anagrafico stabile”.
Il tema dei soprannomi è oggetto di studio in tutti i gruppi di ricerca delle università italiane. Il repertorio costruito ha avuto un primo forte impulso quando il più grande linguista del secolo scorso, Gerhard Rohlfs, venne in Sicilia per pubblicare una sua piccola raccolta di soprannomi nella collana diretta da Ruffino.
Il repertorio dello studioso tedesco era però troppo limitato, così cominció la lunga ricerca del linguista terrasinese che lo portò a pubblicare il suo volume con il prezioso aiuto di allievi e studenti.
Giovanni Ruffino, inoltre, suddivide due gruppi distinti di soprannomi con scopi differenti tra loro: vi sono quelli di tipo “ludico”, determinato e ispirato dal piacere scherzoso un po’ irridente è un po’ anche impertinente di dare dei soprannomi. L’altro gruppo ha scopo “funzionale”, cioè la necessità di distinguere una persona dall’altra”. In alcune comunità -aggiunge il linguista- specialmente in quelle molto piccole, molti hanno lo stesso nome o cognome, è quindi necessario aggiungere un terzo antroponimo per distinguere una famiglia dall’altra. Solitamente si tratta di soprannomi di mestiere o di provenienza.”
Alla fine di questa chiacchierata una domanda sorge quindi spontanea: ”Ma oggi i giovani usano ancora le ‘nciurie?”
“La risposta è sì- spiega infine Ruffino – ma si tratta prevalentemente di quelle a scopo ludico, le quali possono derivare da nomi di personaggi del cinema, dello sport o della moda o anche da forme linguistiche aggettivali che costituiscono permanenze dialettali nella comunicazione quotidiana, come ad esempio “tascio”.
Alessia Di Ranno – Terrasini Post