I 12 arrestati. Barone, 27 anni e già capo a Passo di Rigano

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da Redazione
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Gli indagati nell’operazione Chartago dei carabinieri, con la quale é stata smantellata una piazza di spaccio nel quartiere Passo di Rigano a Palermo sono: i palermitani Samuele Azzara, 25 anni, Enrico Barone, 27 anni, Mirko Orefice, 23 anni, Domenico Pizzurro, 27 anni, Pietro Pizzurro, 22 anni e Giuseppe Scalisi, 35 anni, tutti portati in carcere. Ai domiciliari Giuseppe Aiello, 30 anni, Davide Di Bella, 25 anni, Alberto Mangia, 30 anni, Salvatore Pizzuto, 23 anni, Antonino Sileno, 26 anni, e Vincenzo Spina, 35 anni. Tutti giovanissimi, appena 27enni i due capi Enrico Barone e Domenico Pizzurro. Fu proprio Enrico Barone a dare l’ordine di pestare violentemente padre e figlio, reo quest’ultimo, di aver parlato con gli inquirenti.

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“É con suo padre… appena scende dalla macchina massacralo subito!”. L’intento di Barone era quello di dare una lezione esemplare in pieno giorno e nella piazza di Passo di Rigano, affinché tutti vedessero. “Eh… oggi abbuscò buono!… lo sai? Abbuscò lui e suo padre oggi… in piazza! A Mirko lo ha fatto arrestare lui!”, si vantava dopo il pestaggio. 

In realtà quel giovane che era stato fermato dai carabinieri subito dopo aver acquistato delle dosi di droga a Passo di Rigano, si era rifiutato di collaborare con le forze dell’ordine, proprio per paura delle possibili ritorsioni degli spacciatori.

Così lo convocarono in piazza Passo di Rigano. “Il mio conoscente mi disse che si era concluso il processo a carico del presunto spacciatore da cui avevo acquistato la droga il sabato sera – riferì ai carabinieri la vittima – e dalle carte del Tribunale, a loro dire, risultavano delle dichiarazioni rese da me in cui facevo espressamente il nome dello spacciatore”. Decise così di tornare nel quartiere, questa volta con il padre, per “chiarire una volta per tutte la questione e non avere più a che fare con tali soggetti”.

Giunti nel luogo dell’appuntamento, però, trovarono una ventina di ragazzi. “Forte della mia consapevolezza di non aver reso le dichiarazioni dì cui loro mi accusavano, con la massima serenità, io e mio padre siamo scesi dalla macchina e ci siamo avvicinati. Ho ribadito che non avevo fatto alcun nome anche perché non conoscevo nessuno, se non di vista”, racconta ancora la giovane vittima. Non bastò a scongiurare il pestaggio. Ingiustamente accusato e selvaggiamente picchiato, il giovane si trovò anche a dover far fronte a una richiesta economica. Duecento euro per chiudere la questione. Era il ‘risarcimento’ per la droga sequestrata allo spacciatore arrestato dai carabinieri.

Redazione – Palermo Post

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