Alessio Dionisi resta, incredibilmente, allenatore del Palermo. La piazza insorge, la società si trincera nel silenzio. Un epilogo surreale dopo l’ennesima disfatta che dovrebbe sollevare più di un dubbio sulle capacità manageriali dell’asset italiano del CFG..
La riconferma di Alessio Dionisi sulla panchina del Palermo ha il sapore amaro della beffa, l’eco assordante di un fallimento annunciato, la fotografia impietosa di una società alla deriva. Dopo l’ennesima prestazione sconcertante, culminata con la rimonta subita in casa contro la Cremonese (da 2-0 a 2-3), i tifosi rosanero, questa volta tutti, si aspettavano l’esonero, l’unica mossa logica per dare una scossa a un ambiente ormai depresso e rassegnato. E invece, nulla. Dionisi resta, almeno per ora, al suo posto.
Alessio Dionisi, stimato professionista, non è mai riuscito a entrare in sintonia con la piazza palermitana. I risultati altalenanti, le prestazioni spesso deludenti, un gioco mai decollato e, soprattutto, alcune dichiarazioni fuori luogo hanno scavato un solco profondo tra l’allenatore e la tifoseria. Un rapporto inesistente, che si è trasformato in aperta contestazione, con i tifosi che, a gran voce, ne chiedono l’allontanamento. Se Corini per la piazza rosanero era un pezzo di cuore, simbolo e capitano della vera e unica rinascita dai tempi di Renzo Barbera in avanti, Dionisi poteva godere di una pazienza limitata al tempo di capire la sua inadeguatezza.
La decisione di confermare Dionisi, dopo una lunga giornata di riflessioni e contatti (rivelatisi, a quanto pare, infruttuosi), appare incomprensibile, illogica, quasi autolesionistica. Una scelta che sa di resa, di incapacità di prendere decisioni, di mancanza di una visione chiara e di una leadership forte. Il Palermo Calcio, oggi, sembra una nave senza timoniere, in balia delle onde, incapace di trovare la rotta giusta. E il silenzio assordante della società, la mancanza di spiegazioni, di giustificazioni, non fa che aumentare la rabbia e la frustrazione dei tifosi.
Anni di Fallimenti: da Galassi a Bigon, il Dito Puntato Contro la Dirigenza
La contestazione, inevitabilmente, si allarga alla dirigenza. I nomi di Galassi, Gardini e Bigon sono sulla bocca di tutti. Anni di scelte sbagliate, di milioni di euro spesi senza costrutto, di promesse non mantenute e di risultati deludenti. E c’è da riflettere seriamente sulle capacità manageriali dell’asset italiano del City Football Group. Siamo stati i primi a dire meglio regalare il Barbera al City, piuttosto che vederlo marcire, come tutte le altre strutture sportive della Città, per l’incapacità economica e amministrativa. Eppure di fronte a tale dimostrazione di incompetenza e alla disaffezione di decine di migliaia di tifosi, chiedersi se fosse il caso di affidarlo per 80 anni, praticamente a vita, a questo gruppo imprenditoriale diventa un dubbio lecito, che ci deve far riflettere e deve far riflettere gli amministratori locali che si apprestano a dare una così lunga gestione a chi in fondo non ha dimostrato niente, né dal punto di vista sportivo, che di ricaduta in valore per la Città.
Il futuro del Palermo è un’incognita. I playoff, un tempo obiettivo minimo, sembrano ormai un miraggio. Ma, al di là dei risultati sportivi, è la mancanza di un progetto, di una visione, di una leadership a preoccupare i tifosi. Sarebbe servita una svolta immediata, un cambio di rotta radicale, per evitare che la passione e l’amore per i colori rosanero si trasformino in rassegnazione e disillusione. Il tempo dei silenzi è finito, soprattutto dinnanzi alla pretesa delle concessione ottentennale, serve chiarezza e trasparenza. La società deve mostrare le sue reali intenzioni all’intera città e ad esse va vincolata la concessione ad equo canone dello Stadio Renzo Barbera. Non solo l’impegno a ristrutturarlo entro 7 anni, ma anche quei vincoli attraverso i quali Mirri ottenne il titolo sportivo. Trasparenza, progetti sportivi chiari, controllo attraverso l’azionariato popolare. In assenza di garanzie un simile “regalo” suonerebbe da inganno.