Svolta nel caso del 20enne di Carini che ha accoltellato il patrigno: il GIP derubrica l’accusa in lesioni aggravate e concede i domiciliari. “Azione maldestra per difendere la madre”.
Non voleva uccidere, ma solo difendere disperatamente la madre dall’aggressione del compagno. È questa, in sintesi, la valutazione del Giudice per le Indagini Preliminari Rosario Di Gioia sul caso di Mattia Massimo Patti, il ventenne di Carini finito in carcere lo scorso 5 aprile con la pesantissima accusa di tentato omicidio nei confronti del patrigno. Il GIP ha deciso di derubricare il reato in lesioni aggravate e ha concesso al giovane gli arresti domiciliari, accogliendo in parte le tesi del suo difensore, l’avvocato Leonardo Naimo.
“Mi Stava Strozzando”: la Difesa Disperata della Madre e l’Intervento del Figlio
Alla base della decisione del giudice c’è la ricostruzione dei fatti, basata principalmente sul racconto della madre del giovane e sulla confessione dello stesso Patti. La donna ha spiegato ai Carabinieri, intervenuti nell’abitazione di via Vespucci a Carini, di essere stata aggredita dal compagno: “Mi ha preso per il collo, mi ha strozzato fortissimo e io non riuscivo più a respirare, non potevo neanche parlare e lui continuava… A un certo punto io ho detto: ‘Aiuto’…”.
A quel punto, secondo il racconto della donna, il figlio Mattia è uscito dalla sua stanza dicendo all’uomo: “Alla mamma non la devi toccare”. La madre ha visto che il figlio aveva in mano “una cosa con la lama piccola” (un coltellino svizzero), forse per spaventare il patrigno. Ma l’uomo, anziché fermarsi, sarebbe andato contro il ragazzo “che lo voleva aggredire”. Ne sarebbe nata una colluttazione durante la quale il giovane ha colpito il patrigno due volte alla schiena. Anche Patti, durante l’interrogatorio, ha ammesso i fatti, fornendo una versione compatibile e spiegando di aver agito solo per salvare la madre dalla violenza del compagno.
La Valutazione del GIP: “Azione Maldestra, Non Omicida”, Escluso il Dolo
Il GIP Di Gioia, pur non negando la gravità del gesto, ha escluso l’intento omicida (il cosiddetto dolo del tentato omicidio) sulla base di una serie di elementi evidenziati nell’ordinanza. Innanzitutto, le due sole coltellate inferte e il punto colpito (la schiena, area non primariamente vitale) “appaiono più agevolmente riconducibili a colpi inferti in direzione casuale nel corso della zuffa tra i due congiunti”. Il giudice osserva che, se l’intento fosse stato omicida, il giovane avrebbe potuto sfruttare l’effetto sorpresa iniziale per colpire zone vitali frontali.
Inoltre, l’assenza di “reiterazione di colpi nella zona già colpita” suggerisce una “direzione casuale dell’arma”. Anche il tipo di coltello usato, un coltellino svizzero con una lama di soli 7 centimetri, viene considerato dal GIP come indicativo di una “limitata potenzialità letale”. L’intera azione viene definita dal giudice come “maldestra, dettata dall’impeto incontrollato e dall’ira accecante”, avvenuta nel contesto caotico della lite, con la vittima che “presumibilmente si dimenava e si difendeva”. Per questi motivi, il GIP ha concluso che “l’atteggiamento psicologico dell’indagato, desunto dalle modalità dell’atto lesivo, esclude il dolo del tentato omicidio”, riqualificando il fatto in lesioni aggravate. Di conseguenza, ha disposto gli arresti domiciliari per Mattia Massimo Patti, che dovrà però scontarli in un’abitazione diversa da quella familiare, visti i rapporti tesi. Resta fermo il principio di presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva.