La famiglia mafiosa di Camporeale, nonostante il suo capo fosse già detenuto, continuava a esercitare il suo potere sul territorio, controllando attività economiche, imponendo la propria “protezione” e gestendo affari illeciti. A svelarlo è un’operazione dei Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale, che ha portato all’arresto di sei persone, accusate di associazione per delinquere di tipo mafioso. Un duro colpo a Cosa Nostra, che dimostra come l’organizzazione criminale, anche con i suoi vertici in carcere, cerchi di mantenere il controllo del territorio attraverso una rete di affiliati e fiancheggiatori.
Il Boss Detenuto e la Rete di Fedelissimi: il Controllo del Territorio
L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo, ha rivelato che il capo della famiglia mafiosa di Camporeale, pur essendo in carcere, riusciva a mantenere saldamente il controllo del gruppo e a gestire gli affari illeciti grazie alla collaborazione di affiliati e familiari, che agivano come suoi emissari sul territorio. Una dimostrazione della capacità di Cosa Nostra di adattarsi e di continuare a operare anche in condizioni avverse. Su richiesta della DDA, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Palermo ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa.
L’influenza della famiglia mafiosa di Camporeale si estendeva a diversi settori dell’economia locale. Le indagini dei Carabinieri hanno documentato, ad esempio, come la cosca imponesse la propria “mediazione” nella compravendita di bovini e ovini destinati al macello, stabilendo il prezzo degli animali e, di fatto, controllando il mercato. Ma l’ingerenza della mafia non si limitava al settore zootecnico. L’indagine ha rivelato che anche semplici cittadini si rivolgevano al sodalizio criminale per ottenere “autorizzazioni” preventive all’acquisto di fondi agricoli, per il recupero di crediti da debitori insolventi e persino per dirimere controversie sorte tra privati. Un quadro inquietante, che dimostra come Cosa Nostra, a Camporeale, fosse ancora percepita come un’autorità parallela allo Stato, capace di regolare rapporti economici e sociali.
Il Controllo dei Fondi Agricoli e del Pascolo
Un altro aspetto significativo emerso dalle indagini riguarda il controllo esercitato dalla famiglia mafiosa sui fondi agricoli della zona. Gli indagati, secondo l’accusa, autorizzavano o negavano l’utilizzo dei terreni per il pascolo, imponendo di fatto la loro volontà ai proprietari e agli allevatori.
L’indagine ha portato alla luce anche un episodio di collusione con la pubblica amministrazione. Un dipendente comunale, secondo l’accusa, avrebbe attestato falsamente il puntuale adempimento, da parte di due appartenenti alla famiglia mafiosa, degli obblighi derivanti dalla “messa alla prova”, un istituto giuridico che permette di sospendere il processo penale in cambio dello svolgimento di lavori di pubblica utilità.
È importante sottolineare che gli indagati sono, al momento, solo indiziati di reato. La loro posizione sarà vagliata dall’Autorità Giudiziaria nel corso del procedimento penale e la loro colpevolezza sarà accertata solo con una sentenza di condanna definitiva, nel rispetto del principio costituzionale di presunzione di innocenza. L’operazione è comunque un segnale forte dello Stato.