La Uil Polizia denuncia un paradosso giuridico che penalizza chi ha rischiato la vita contro la criminalità nell’antimafia. Appello al Governo: “Serve subito una norma che sani l’ingiustizia”
PALERMO – L’elogio formale si è trasformato in un ostacolo. Invece di aprire nuove prospettive professionali, il riconoscimento per meriti straordinari si è rivelato un freno per decine di agenti che, nella lotta quotidiana contro la mafia, hanno messo a repentaglio la propria vita. È questa la denuncia lanciata con forza dalla Uil Polizia di Palermo, attraverso il suo segretario provinciale Claudio Tripoli, che accende i riflettori su una vicenda che sfiora l’assurdo e che, nel silenzio delle istituzioni, si consuma ormai da anni.
Il nodo della questione riguarda la promozione a Vice Sovrintendente concessa per legge ai poliziotti distintisi in “servizi di particolare importanza” o che hanno affrontato situazioni di “grave pericolo di vita per tutelare la sicurezza pubblica”. Una norma pensata per premiare il coraggio e la dedizione, che tuttavia non ha mai prodotto gli effetti concreti promessi, schiacciata sotto il peso di una burocrazia farraginosa e di un’interpretazione normativa che, di fatto, ha penalizzato proprio i destinatari del riconoscimento.
Secondo quanto riferito da Tripoli, infatti, un ritardo decennale da parte del Ministero ha consentito a tutti i partecipanti ai concorsi ordinari di accedere indistintamente al ruolo, creando un effetto paradossale: gli agenti più anziani, già premiati per meriti straordinari, sono stati scavalcati da colleghi più giovani con minore esperienza e anzianità di servizio. Una distorsione che – denuncia il sindacato – ha di fatto annullato ogni valore premiale alla promozione, trasformandola in una beffa per chi ha operato in prima linea contro la criminalità organizzata.
Non si tratta di una questione meramente interpretativa, sostiene la Uil Polizia. Una sentenza della Corte Costituzionale ha infatti stabilito che lo “scavalcamento” è da considerarsi illegittimo, in quanto contrario al principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione. Eppure, l’Amministrazione ha continuato ad appellarsi a pareri giuridici – tra cui uno del Consiglio di Stato, privo di valore vincolante – per difendere un impianto normativo che si è rivelato incoerente e, secondo il sindacato, lesivo dei diritti acquisiti.
“Ci troviamo davanti a una delle situazioni più grottesche mai vissute – afferma Tripoli –. Non chiediamo favoritismi, ma semplicemente il riconoscimento di un diritto sancito dalla legge e confermato dalla Consulta. Invece, l’Amministrazione ha perseverato in un atteggiamento che rasenta l’ostruzionismo burocratico. È arrivato il momento che il Governo intervenga in modo chiaro e definitivo”.
La Uil Polizia chiede infatti un provvedimento legislativo urgente che ristabilisca i criteri di equità e coerenza nell’attribuzione delle promozioni per merito straordinario, sanando una stortura che, negli anni, ha coinvolto decine di agenti. Alcuni di loro, sottolinea Tripoli, sono nel frattempo andati in pensione, senza che l’onorificenza loro attribuita avesse avuto alcun impatto positivo sulla carriera.
Nella denuncia del sindacato non manca un plauso agli studi legali di Palermo e di altre città italiane che stanno seguendo la vicenda, contribuendo a fare luce su un contenzioso che assume sempre più i contorni di un paradosso kafkiano. Ma, avverte la Uil Polizia, la strada giudiziaria non può essere l’unica via percorribile. Serve una risposta politica.
“Il nostro appello al Governo è chiaro – conclude Tripoli –: riconoscere pienamente il valore di chi ha combattuto la mafia non può restare un principio astratto. Serve un’azione legislativa immediata che trasformi le promesse in realtà”.