Ritorno bambina e per un attimo mi rivedo in cucina la domenica sera, dopo cena, un appuntamento immancabile quello di “Drive in”, mio padre sulla sdraio e l’eco della sua risata. Una comicità tutta italiana, che porta sul piccolo schermo i palcoscenici del grande cabaret milanese e romano. Un pot pourri di sketch e battute, che sono entrate a far parte del linguaggio quotidiano tipico delle generazioni che vanno dai baby boomers ai millennials. Con gli occhi di bambina, ancora troppo piccola per godere appieno di quella comicità, aspettavo la cokerina Has Fidanken addestrata da Gianfranco D’Angelo, ovviamente desiderosa di averne una uguale. I miei genitori non mi regalarono mai un cocker ma in compenso mi comprarono il disco tormentone Has Fidanken che, insieme a “Mi scappa la pipì papà”, “Cicale”, “Il ballo del qua qua” e “Carletto”, furono per qualche anno croce e delizia del condominio.
Con gli occhi di bambina, mi vedo aspettare “Il Tenerone” davanti la tv e mi sento ancora ridere a crepapelle quando saltellava per avanzare sul palco al ritmo di “Pippo Pippo Pippo”. E il desiderio di bambina “Voglio il peluche del Tenerone”, indimenticabilmente soddisfatto durante l’estate dell’86 a Torrenova.
Una risata, quella degli anni ’80, ancora genuina, che teneva unita tutta la famiglia, con personaggi che dal piccolo schermo sono entrati nella nostra vita, come vecchi amici o simpatici parenti, e che ancora oggi si ricordano con la stessa allegria e gioia di un tempo. Una risata, che ci ha fatto amare anche i film di quel cinema trash anni ’70, ritornati in auge ed ora indiscutibili cult, grazie anche ad un eclettico comico, qual era Gianfranco D’Angelo.
E con gli occhi di bambina, oggi, torno a sfogliare l’album dei ricordi di quei magici anni ‘80, immagini nostalgiche di un passato che non tornerà più, ma che ancora oggi mi regala l’eco di quelle spensierate risate.
Roberta D’Asta – Palermo Post