La mappa del voto che ci offre Guenter Richter mostra chiaramente una città profondamente divisa nel voto per ceto sociale ed insediamento geografico. A punire il centrosinistra, che ha governato la città nell’ultimo decennio, sono state soprattutto le periferie e le fasce che maggiormente vivono una condizione di disagio anche in ampie parti del centro storico e del centro cittadino.
Andrebbero guardati con molta attenzione questi dati per cominciare ad interrogarsi su un tema completamente assente dalla campagna elettorale di entrambe le coalizioni. Le politiche di welfare cittadino, a nostro giudizio un assoluto fallimento dell’ultimo quinquennio. Non hanno aiutato gli anni pandemici, certo. Ma non si può pensare di aver risolto il problema della marginalità sociale attraverso l’immissione, quasi a pioggia, di denaro con il reddito di cittadinanza. C’è una parte di questa Città che vive un grande disagio. Lo dimostrano le operazioni delle forze dell’ordine soprattutto nella zona sud della metropoli. Lo dimostra lo stato di abbandono a tratti vero e proprio degrado di periferie e porzioni di città da sempre ai margini.
La crisi irreversibile dei partiti nella mappa del voto
Se guardiamo la mappa del voto ai partiti emerge anche la mancanza di radicamento degli stessi. Che, laddove non candidano donne o uomini fortemente radicati nel territorio, non raccolgono che briciole di consenso, anche in zone dove tradizionalmente c’erano insediamenti sociali fortemente caratterizzati da appartenenze partitiche. Unica eccezione alla regola un piccolo tratto di città che si orienta per opinione e appartenenza valoriale. Oggi, la crisi dei partiti è chiaramente irreversibile. Lo si legge nell’astensionismo record, quasi il 60% dei palermitani non si è recato alle urne e chi lo ha fatto è stato perché chiamato all’adunanza prevalentemente da una persona candidata a cui far piacere, di cui si ha bisogno o in cui si ha fiducia.
Ecco allora che le liste diventano come il tanto vituperato tram da cui salire e scendere a piacimento. Ci si può candidare, come è successo, nel PD e prendere 2000 voti, fare il capogruppo di quel partito in consiglio comunale, dirigerlo, poi decidere di mettersi all’opposizione nell’ultimo anno, ricandidarsi con la coalizione opposta e prendere sempre 2000 voti. Non siamo qui per giudicare voli pindarici, ma per informare e interrogarci su questo profondo cambiamento sociale. Con la consapevolezza che senza una riforma altrettanto profonda della partecipazione alla vita pubblica, la politica sarà sempre più ostaggio del capo popolo di turno, che nel bene o nel male determinerà da minoranza le scelte di vita di un’intera collettività.
Al neo Sindaco Roberto Lagalla, che oggi parlando del decennio orlandiano, ha rivelato di non voler buttare il bambino con l’acqua sporca, chiediamo solo di avere consapevolezza di essere stato eletto da 98448 palermitani su 544486 aventi diritto al voto, pari al 18,08%, ha una città da conquistare.
Simone Di Trapani – Palermo Post