Il barone Mendola: dall’uva grillo alla tragedia dimenticata

Marialessandra Cimò
da Marialessandra Cimò
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Antonio Mendola nato nel 1828 a Favara, un comune in provincia di Agrigento, nel corso della sua vita è stato un ampelografo, agronomo, viticoltore, filantropo, politico, letterato e scrittore italiano.
Ha studiato a Palermo presso il Collegio dei Padri Gesuiti ma, quando ha iniziato a frequentare la facoltà di Giurisprudenza ha scoperto di non credere nelle leggi dell’uomo, reputate da lui stesso come meno salde, e, così, ha deciso di dedicarsi al mondo dell’agricoltura e alle regole della natura. È tornato, dunque, nel suo paese natio con l’ambizione di compilare la prima guida di Ampelografia italiana e ha intrapreso nuovi studi, guidati dal padre dell’ampelografia moderna Alexandre-Pierre Odart. 
Animato da una vera profonda passione e dotato di grande acume scientifico ha raccolto e collezionato oltre 4000 varietà di vitigni provenienti da tutto il mondo e nel tentativo di dare uno spettro più aromatico al vino Marsala è riuscito a creare l’uva grillo: l’ibrido incrocio tra l’uva Cataratto (un comune di Sicilia con cui veniva fatto il vino Marsala) e l’uva Zibibbo.

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Nel corso della sua vita ha collaborato con i principali giornali agrari, viticoli ed enologici italiani oltre che stranieri e alla sua morte sono stati ritrovati i suoi innumerevoli diari, che contengono riflessioni e stralci di vita quotidiana. Grazie a questi, infatti, è emersa e non deve essere più dimenticata la narrazione di quanto avvenuto il 20 dicembre del 1907 a pochi giorni dalla sua morte: “La sera del 20, alle ore 17,20 un immane disastro è accaduto in Palermo. La descrizione anche da lontano fa orrore e pietà. Vi era un deposito o meglio una fabbrica clandestina di dinamite in fondo a un grande magazzino. L’antico fondaco di Lattarini dove alloggiavano tutti i favaresi al tempo che io ero nel convitto real Ferdinando dei Gesuiti dal 1839 al 1845. Allora c’era un grosso buon uomo chiamato Zu Cosimo. Finite le lettighe e le bestie da soma e migliorata Palermo quel vecchio fondaco fu convertito in bottega e credo l’abbiano diviso con un tramezzo, lasciando in fondo una porta oscura segreta, dove per sete di guadagno avevano impiantato una fabbrica di dinamite. Non si sa come e nessuno potrà dirlo o chiarirlo, venerdì, ore 20 presso a poco, saltarono diversi palazzi, tre locande: Concordia, Leon d’Oro e Lattarini ed altri negozi. Fu uno scoppio spaventevole (come lo sparo di 100 cannoni, dice il Giornale di Sicilia), un rombo orribile. Si oscurò il cielo. Cadevano frantumi di pietre, gesso sgretolato e carne umana ancora calda e palpitante. La città rimase esterrefatta, colpita da un fulmine, inebetita. Tutti, dopo pochi momenti accorrevano sul luogo del disastro. Voci, lamenti, pianti, gemiti venivano dalle macerie. Un vero pandemonio.”
Una narrazione da cui emerge chiaramente il dolore provato dal Barone, che si è sempre battuto per salvaguardare gli interessi dei più fragili. 

Nel 2019 per celebrare e ricordare la figura di Antonio Mendola l’Associazione CulturaleNuvola Bianca” di Favara in collaborazione con il Comune di Favara, dell’Associazione culturale SiciliAntica, del Centro Giovani e Poesia di Triuggio (MB) ha bandito la prima edizione del Premio InternazionaleBarone Antonio Mendola” Favara 2019-2020 per contribuire a tenere vivo l’amore per la poesia, la pittura, il teatro, l’arte e i prodotti e le bellezze del nostro territorio.

 

Marialessandra Cimò – Palermo Post

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