Enrico Berlinguer di solito lo ricordo un giorno qualsiasi dell’anno, piuttosto che nel giorno della prematura scomparsa, l’11 giugno. Lo faccio quando intensifico le letture alla ricerca di soluzioni, in tutti quei periodi in cui vivo con angoscia il mio smarrimento politico. Mi chiedo cosa avrebbe fatto il “segretario” oggi? Come sarebbe stata l’Italia se avesse vissuto 10, 20, 30 anni in più?
Conobbi Enrico Berlinguer il giorno della sua morte quando, undicenne, chiedevo a mio nonno perché era affranto: “E’ morto l’uomo più grande d’Italia” fu la risposta.
Lo conobbi molto più profondamente 10 anni dopo cominciando a leggere di lui, cercando di attualizzare le sue intuizioni per dare senso compiuto al mondo che mi circondava. Cercando, nel mio piccolo, di fare della politica uno strumento pedagogico per i cittadini.
La funzione pedagogica della politica è l’insegnamento che ha influenzato maggiormente i miei ultimi 20 anni di vita. La capacità di governare la complessità è, invece, l’insegnamento che gli attuali “nanetti” avrebbero dovuto apprendere da simili “giganti”. Pensiamo agli anni ’70 nell’Italia della crisi economica e del terrorismo. Il Segretario del più grande Partito Comunista d’Occidente, non getta benzina sul fuoco cavalcando sofferenza e malumore. Piuttosto ci parla di giustizia sociale, nuovo modello di sviluppo e di democrazia come valore universale. Ed ha perfino l’acume di porre fine alla doppiezza togliattiana, iniziando l’ultima e la più grande innovazione del pensiero socialista post bellico.
Enrico Berlinguer per ritornare al Futuro
Oggi ritornare a Berlinguer è un obbligo perché lui 30 anni fa ci aveva già dato la lettura di cosa sarebbe successo se non si fosse moralizzato lo stato: una rivolta contro la politica.
Ed ecco perché a 35 anni dalla sua scomparsa ricerco ancora in lui la soluzione allo sbandamento. La cerco nell’uomo che, per ultimo, seppe disegnare un modello di società socialista, senza perdere una sola delle nostre libertà.
Cerco di capire come sia potuto succedere 100 anni dopo di ripiombare tra le fauci di populisti, autarchici, xenofobi e trovo nelle sue parole il perché. La temuta rivolta contro la politica, non avendo affrontato la questione morale, è avvenuta. Non aiutata e controllata da un altro potere dello stato, come nel 1992, ma in modo molto simile al dopo prima guerra mondiale.
Caro Segretario, purtroppo se mi giro a guardare tra i vivi non vedo giganti in grado di offrirci una prospettiva e quindi rimane solo la speranza di ricostruire un’intelligenza collettiva per ridare senso alla sinistra e ai suoi valori, per ritornare con te al futuro.
Simone Di Trapani – Palermo Post